Washington – Una vittoria celebrata come decisiva quella ottenuta dai sostenitori dei diritti civili in rete contro il famigerato COPA , la normativa americana che prevede sanzioni pesantissime per i produttori e distributori di pornografia in Internet che non ne impediscano la visione agli utenti minorenni.
Un giudice federale, in un caso montato dalla potente associazione per le libertà civili ACLU , ha infatti stabilito che la controversa legge non rispetta i dettami costituzionali .
La legge, nata nel 1998 dopo il fallimento di un’altra simile disposizione, ancor più severa, prevede multe fino a 50mila dollari e fino a 6 mesi di carcere, sanzioni che fin qui non sono state applicate. Ma il suo dispositivo è già stato utilizzato in più occasioni dalle autorità statunitensi, che proprio con il COPA hanno giustificato la richiesta di dati sugli utenti a Google .
Secondo il giudice Loweel Reed del tribunale di Filadelfia, gli scopi della normativa sono encomiabili ma la sua applicazione rischia di rendere fuorilegge una serie di attività legittime e di sconfinare nella censura della libera espressione. Tantopiù, ha osservato il magistrato, che oggi è possibile restringere l’accesso dei minori al porno in rete sfruttando una moltitudine di servizi e software dedicati.
Tra le ragioni della bocciatura la definizione tutt’altro che specifica di quali siano i contenuti illegali. Si parla infatti di “oscenità” o di materiali “che possano danneggiare i minori”. Una vaghezza presa di mira dai sostenitori della libertà di parola.
In una nota , ACLU racconta una battaglia che va avanti da 10 anni e sottolinea come la legge “abolisce l’accesso libero, facile ed anonimo a informazioni capaci di migliorare la qualità della vita e persino a servizi salvapersone e tutto nel nome della protezione dei bambini”.