È diritto di ogni cittadino parlare di improbabili proposte di lavoro a mezzo email, è libertà di espressione bombardare le caselle di posta elettronica con ricette miracolose per risvegliare anche le virilità più sopite. Accade quando le leggi antispam cozzano contro il Primo Emendamento della Costituzione americana.
A stabilirlo, un giudice della Virginia incaricato di valutare il caso di Jeremy Jaynes, uno degli spammer più prolifici della storia, noto per aver movimentato proporzioni imponenti di spazzatura formato mail. Si mormora potesse diramare 10 milioni di messaggi al giorno per un guadagno di 750mila dollari al mese. Nel 2002 AOL, i cui utenti erano stati vittime dell’azione di Jaynes, aveva ottenuto un risarcimento miliardario, Jaynes era stato arrestato l’anno successivo insieme alla sorella e a un complice. Sulla base delle leggi che regolano in Virginia la posta indesiderata, rischiavano 20 anni di carcere. Era stato in realtà punito con nove anni di reclusione e una multa . Ma aveva in breve tempo riconquistato la libertà .
I legali di Jaynes si erano insinuati nelle incrinature delle leggi, avevano dimostrato come l’impianto normativo che definisce, regola e punisce il marketing a distanza cozzasse contro il Primo Emendamento della Costituzione , come potesse di fatto limitare la libertà di esprimersi che spetta al cittadino. La legge locale considera criminali coloro che, in maniera anonima, comunicano qualsivoglia contenuto su scala globale. Poco importa che si tratti di comunicati tentatori a sfondo pornografico, di messaggi a sfondo religioso o di pamphlet in cui si denunci una violazione dei diritti dei cittadini: la legge non contempla eccezioni per quanto riguarda il contenuto delle missive .
La Corte Suprema della Virginia aveva confermato la sentenza emessa negli anni precedenti: Jaynes avrebbe dovuto scontare 9 anni di carcere. Ma la Corte Suprema è tornata ora sui propri passi : Jaynes è stato scagionato, la legge antispam è incostituzionale. Il motivo dell’incostituzionalità sarebbero i termini troppo vaghi in cui il legislatore l’ha formulata. Sono colpevoli di reato penale e rischiano oltre un anno di carcere coloro che smanettando su computer o reti di computer tentino di trasmettere, celati dietro a pseudonimi, email indesiderate a 10mila indirizzi nel giro di 24 ore, a 100mila indirizzi nel giro di 30 giorni, a un milione di indirizzi nel giro di un anno.
Le falle della legge nelle quali si è insinuato Jaynes? La legge antispam della Virginia, ha spiegato il giudice Steven Agee, si abbatterebbe non solo sugli spammer ma altresì su coloro che sfruttassero la rete per diffondere messaggi non pubblicitari , ma di qualsiasi altro tipo, e lo facessero proteggendosi con uno pseudonimo. La Costituzione sancisce il diritto per il cittadino di esprimere la propria opinione, di impugnare l’anonimato per proteggersi e agire senza condizionamenti e senza subire pressioni o ritorsioni. Ma la legislazione antispam della Virginia non prevede distinguo: se Jaynes avesse utilizzato le proprie informazioni e abilità per offrire ai concittadini una rivelazione che avrebbe potuto sconquassare l’equilibrio dei poteri, sarebbe ugualmente stato passibile di condanna.
È così che Jaynes scorrazza libero dentro e fuori dalla rete: il CAN-SPAM Act federale, che si rivolge invece alle sole iniziative di natura commerciale, non può entrare in gioco , in quanto approvato successivamente alle operazioni di telemarketing condotte da Jaynes e accoliti. Il Procuratore Generale della Virginia medita di impugnare la decisione di fronte alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Gaia Bottà