Il Quinto Emendamento della Costituzione statunitense protegge i sospettati dal rischio di auto-incriminazione derivante dall’obbligo di rivelare prove compromettenti, e a quanto pare le tecnologie informatiche cozzano contro quello che i cittadini americani considerano un diritto fondamentale e l’interesse del procedimento giudiziario in caso di reati.
Il primo, recentissimo esempio di scontro tra hi-tech e Quinto Emendamento arriva da Los Angeles, dove un giudice ha costretto una donna, Paytsar Bkhchadzhyan, a sbloccare il proprio cellulare tramite l’uso del lettore di impronte digitali integrato.
L’FBI ha arrestato la sospetta il giorno stesso in cui il giudice ha firmato il mandato per lo sblocco del cellulare. Le motivazioni specifiche degli investigatori non sono al momento note, sebbene la donna sia stata fidanzata con il presunto membro di una gang criminale armena.
La possibilità che lo sblocco forzato del telefonino costituisca un’auto-incriminazione – cozzando quindi contro la protezione del suddetto Quinto Emendamento – è tutt’ora oggetto di dibattito , così come fa discutere la decisione di un altro giudice riguardo il caso di un sospetto pedopornografo di Philadelphia.
Ex-sergente del Philadelphia Police Department, l’uomo ha passato in galera gli ultimi sei mesi dopo essersi rifiutato di decrittare i due hard disk che potrebbero rappresentare la prova chiave del caso. Il giudice locale ha stabilito che il sospetto resterà in galera finché si rifiuterà di collaborare con gli investigatori, e il suo avvocato si è prevedibilmente rifatto – fin qui senza successo – alla protezione del Quinto Emendamento.
Alfonso Maruccia