Il Senato degli Stati Uniti sta discutendo una nuova proposta di legge bipartisan con l’obiettivo di metter mano alle dinamiche dei contenziosi brevettuali .
La proposta, presentata dai senatori Charles Schumer, John Cornyn, Charles Grassley e Patrick Leahy, prevede in particolare il rafforzamento dell’onere della prova , “a carico di chi abuserebbe del sistema dei brevetti”: in pratica, si richiede che al momento della presentazione di una denuncia per violazione di un brevetto l’accusa debba provare in maniera chiara e precisa l’abuso di cui lamenta la violazione e solo se le sue motivazioni iniziali saranno convincenti, la controparte sarà chiamata a risponderne.
Inoltre, per limitare i costi processuali causati a quest’ultima, la proposta prevede che nella fase preliminare del processo l’accusa abbia minori possibilità di fare richieste a carico della difesa (come per esempio le disclosure dei prodotti o dei servizi oggetto del contendere) e vorrebbe infine introdurre maggiori possibilità di condannare l’accusa uscita perdente al pagamento delle spese legali anche della difesa.
Essa riprende, in generale, la strada abbandonata dall’Innovation Act, la proposta di legge che prevede una serie di misure atte a scoraggiare le denunce in ambito brevettuale, accogliendo la pressione delle aziende tecnologiche e delle startup che con le cause brevettuali devono ormai combattere regolarmente e con grande dispendio di energia.
Il lungo viaggio dell’ Innovation Act sembrava vicino alla conclusione lo scorso dicembre, quando l’ House of Representatives aveva votato a favore di una sua prima versione: essa, in particolare, stabiliva l’obbligo di divulgazione della tecnologia collegata al brevetto di cui si contesta la violazione, semplificava la procedura di unificazione dei fori di competenza e offriva maggiore possibilità di ottenere il pagamento delle spese legali da parte dell’accusato.
Dopo una prima approvazione a larga maggioranza da parte della Camera dei Deputati, tuttavia, l’ Innovation Act non era mai riuscito ad arrivare alla votazione al Senato, bloccato dalla resistenza del Comitato giustizia e dalla lobby degli interessati a mantenere lo status quo, tra cui gli avvocati specializzati in proprietà intellettuale: il tutto si era trasformato in un lungo addio ai propositi di riforma dell’Amministrazione Obama, nonostante timidi tentativi di ripresentarla, come l’ultimo di poche settimane fa portato avanti dal repubblicano Bob Goodlatte, Presidente della House Judiciary Committee .
L’obiettivo della nuova iniziativa è sempre lo stesso: riformare il settore rimuovendo gli ostacoli che rischiano seriamente di compromettere le opportunità di sviluppo tecnologico, diminuire i costi e le difficoltà della difesa in caso di processo e aumentare i rischi per coloro che vogliono presentare denunce in maniera infondata.
D’altronde, in particolare, c’è la necessità di trovare un equilibrio nell’affrontare la questione dei cosiddetti patent troll , quelle entità commerciali che non producono o non vendono alcun prodotto specifico ma hanno un discusso metodo di business basato su aggressive strategie legali, volte all’ottenimento di royalty o altre compensazioni per la proprietà intellettuale che hanno acquisito da altri.
Plauso nei confronti della nuova proposta di legge è già arrivato da Public Knowledge e da EFF che hanno riconosciuto la serietà degli obiettivi dei senatori.
Claudio Tamburrino