Roma – Le autorità statunitensi usano i telefonini come strumento per tracciare i cittadini? Come impugnano i dati raccolti? Le agenzie investigative si procurano regolarmente i mandati per operare? A tentare di placare l’apprensione dei cittadini che tengono alla propria riservatezza sono ACLU e EFF , due organizzazioni che si battono per i diritti civili: chiedono al governo di fare chiarezza, di dare conto della propria attività di tracciamento, affinché si possa stabilire se le modalità operative delle agenzie statunitensi si possano conciliare con il dettato costituzionale.
L’attività di EFF e di ACLU ferve da tempo: oltre ad aver svelato e ad essersi battute contro le pratiche selvagge di intercettazione operate dalle telco per conto del governo, già nel 2007 avevano formulato una richiesta di delucidazioni sulla base del Freedom Of Information Act per indagare sulle abitudini dello stato alla localizzazione di cellulari dei cittadini.
Sui media si affollavano le cronache riguardo alle pratiche delle forze dell’ordine e delle agenzie investigative: era abitudine rivolgersi ai tribunali affinché facessero da intermediari con le compagnie telefoniche e chiedessero loro di tracciare in tempo reale lo zigzagare dei cittadini di cella in cella.
Nonostante alle forze dell’ordine siano richiesti un mandato e delle giustificazioni per ottenerlo, c’è chi denuncia che la procedura viene spesso effettuata in maniera automatica o rimane inevasa , con le autorità che scavalcano le lungaggini burocratiche e si rivolgono direttamente alle compagnie telefoniche per ottenere informazioni relative agli spostamenti dei loro utenti.
Dalle autorità, nessuna risposta , se non delle generiche rassicurazioni diffuse attraverso i media. Non sono stati rivelati dettagli riguardo alle policy che guidano i giudici nel concedere le autorizzazioni, non è stata rivelata l’entità del fenomeno della localizzazione a mezzo cellulare, non è stato possibile confrontare il numero dei cittadini tracciati con il numero dei cittadini incastrati dal tracciamento. I cittadini ancora non sono a conoscenza di quali rischi per la privacy comporti portare un telefonino sempre con sé.
Dal Dipartimento di Giustizia non si spingono a commentare l’iniziativa di EFF e ACLU, ma si smarcano ricordando che non sono le forze dell’ordine ma “sono i tribunali a decidere” riguardo al tracciamento. I tutori della legge, rassicura il portavoce del DOJ Dean Boyd, “non hanno alcun interesse a tracciare la posizione dei cittadini che rispettano la legge”, ma impugnano questi mezzi “quando devono rintracciare dei sospetti criminali, nelle situazioni di vita o di morte”.
L’opacità della reazione alla richiesta formulata da EFF e ACLU nei mesi scorsi non convince però le due organizzazioni. “Abbonarsi a servizi di telefonia mobile non dovrebbe significare abbonarsi allo spionaggio e al tracciamento da parte del governo – denuncia Catherine Crump, legale di ACLU – questa è un’opportunità critica per gettare luce sulle tecniche di sorveglianza potenzialmente incostituzionali messe in atto dal governo”. Le due organizzazioni non tollereranno risposte evasive e ulteriori ritardi che, avverte David Sobel di EFF, “potrebbero permettere che importanti regolamentazioni relative alla privacy vengano sviluppate a porte chiuse”.
Gaia Bottà