In un futuro dove i cyberattacchi potrebbero sortire più danni di un bombardamento aereo, la privacy dei cittadini statunitensi potrebbe rallentare od ostacolare del tutto le contromisure di difesa . A dichiararlo è Stewart Baker, ex funzionario del Department of Homeland Security che ha svolto un ruolo di rilievo nel corso della simulazione di cyberwar attuata nelle scorse settimane sul territorio USA dal Bipartisan Policy Center .
Cellulari e computer di decine di milioni di cittadini sono stati trasformati in un arma potenzialmente capace di mandare in tilt la rete elettrica della costa est degli USA: una simulazione che ha evidenziato alcune lacune del sistema di prevenzione statunitense . Alle autorità mancherebbe il potere di controllare i network di comunicazione, un fatto giudicato scioccante da Baker, il quale ha poi precisato che qualcuno dovrà trovare il modo modificare la legge in modo da permettere questo tipo di sorveglianza.
Ad assistere alla simulazioni c’erano diversi ex rappresentanti dell’apparato di sicurezza statunitense tra cui Kevin McLaughlin, ex direttore della CIA che ha spiegato che la gente avrebbe difficoltà nel percepire gli avvertimenti : “È stato solo dopo l’11 settembre che i cittadini hanno preso coscienza di questo tipo di rischi – ha proseguito – l’utilità di questa simulazione sta nel fatto che dovrebbe aumentare ancora di più questa percezione”.
Negli USA il dibattito sulla cybersicurezza entro i propri confini va avanti da diversi anni, e nonostante gli attacchi provenienti dall’estremo oriente gli ultimi inquilini della Casa Bianca non hanno mai preso in considerazione simulazioni del genere proprio per il timore di violare la privacy degli elettori dei cittadini.
Giorgio Pontico