Nuovo scontro sulla linea Washington-Pechino: stavolta al centro delle polemiche ci sono i presunti attacchi informatici condotti da un imprenditore cinese intenzionato a rivendere alla propria patria i segreti della Difesa a stelle e strisce.
Dopo le accuse di spionaggio e violazioni informatiche mosse dal Grand Jury del distretto ovest della Pennsylvania nei confronti di un gruppo di cinque militari cinesi, le autorità statunitensi tornano a puntare il dito contro la Cina: stavolta ad essere chiamato sul banco degli imputati è l’ imprenditore Su Bin .
All’uomo d’affari cinese viene contestato lo spionaggio industriale ai danni di Boeing, Lockheed Martin e di altre aziende con grandi contratti con il Department of Defence , con l’obiettivo di rubare dati sui progetti militari a stelle e strisce da rivendere a Pechino : insieme ad altri due soggetti cinesi i cui nomi per il momento non sono trapelati, avrebbe attaccato i sistemi informatici dei contractor della difesa statunitense.
Ad interessare all’uomo, in particolare, i progetti ed i dati relativi agli F-22, agli F-35 ed al programma di volo dei cargo C-17.
Il dirigente di un’azienda aerospaziale cinese Su Bin, conosciuto anche come Stephen Su, è peraltro stato già arrestato il mese scorso in Canada in un’operazione congiunta della polizia locale e dell’FBI mentre cercava di ottenere la cittadinanza canadese: da Washington non vi sono notizie circa il possibile coinvolgimento del governo di Pechino nelle azioni dell’imprenditore, ma certo la nuova azione legale statunitense non fa che esacerbare i già difficili rapporti USA-Cina sul fronte cybersicurezza.
Dopo le accuse contro i cinque militari, infatti, Pechino non era restata a guardare e aveva risposto con veemenza: prima a parole, poi mettendo direttamente o indirettamente i bastoni tra le ruote alle aziende a stelle e strisce, bloccandone le importazioni con la scusa dei controlli di sicurezza per verificare che non avessero al loro interno malware inoculati dalle spie statunitensi.
Sempre in questo scontro, dunque, potrebbero rientrare ora anche le accuse mosse dalla TV di stato cinese nei confronti di Apple, che ha definito iPhone una vera e propria “preoccupazione per la sicurezza nazionale” e che ha citato alcuni ricercatori secondo cui le funzioni di localizzazione di iOS 7 permetterebbero agli stranieri di venire a conoscenza della situazione economica della Cina o “addirittura di carpirne segreti di stato”.
Cupertino, naturalmente, è intervenuta smentendo tale possibilità, dalle supposizioni più ardite al fatto che pedini costantemente gli spostamenti dei suoi utenti. D’altra parte, riferendosi velatamente all’avversario Google, Apple ha riferito che “a differenza di altre aziende il nostro business non dipende dalla raccolta di grande quantità di dati personali relativi ai nostri utenti”.
Claudio Tamburrino