La rivoluzione dei domini di primo livello “generici” (gTLD) dovrebbe portare a un’autentica esplosione di nuovi siti web contenenti ogni genere di suffisso tematico, aziendale o personalizzato: ma, a quanto pare, i nuovi gTLD potrebbero soprattutto essere un’arma di censura formidabile in mano ai governi – tutti i governi – desiderosi di arginare la libera espressione e anestetizzare il dissenso.
Il pericolo arriva da una nuova proposta (PDF) del Dipartimento del Commercio USA, per la revisione delle regole che ICANN dovrà in futuro seguire nella gestione dei gTLD: il documento suggerisce che l’organizzazione che “governa” i domini telematici accetti e metta a verbale un eventuale veto di un rappresentate di un qualsiasi paese sull’istituzione di un nuovo nome di dominio, qualsiasi sia il motivo di questo veto.
Se nessuno degli altri paesi membri mettesse in discussione il veto, dice il DoC, allora ICANN sarebbe obbligata a rigettare il gTLD incriminato indipendentemente dal fatto che vi sia una giustificazione legale o semplicemente significativa per i diritti civili, avallando eventualmente gli interessi dei potenti regimi che governano alcune delle economie più importanti del pianeta (un esempio per tutti: la Cina).
Dovessero le proposte del DoC essere accettate, commentatori ed esperti già prefigurano uno scenario in cui TLD come “.humanrights”, “.gay” o “.falungong” verrebbero sacrificati agli interessi puritani statunitensi o al potente desiderio di controllo&censura messo quotidianamente in atto dal regime comunista di Pechino.
Sperare che gli Stati Uniti si mettano di traverso contro la censura dei gTLD “imbarazzanti”? Una totale perdita di tempo , dice il professor Milton Mueller della Syracuse University : “Qualsiasi governo che volesse sostenere i diritti individuali non si comporterebbe come gli USA stanno facendo”, avverte Mueller. Wikileaks insegna , degli USA non ci si fida più.
Alfonso Maruccia