Il processo di appello segna un nulla di fatto nel caso che vede Microsoft contrapposta al Department of Justice statunitense per l’accesso su mandato a dati contenuti su server localizzati all’estero: i giudici si sono divisi 4 contro 4 salvando ancora Redmond dal dover cedere alle richieste delle autorità.
Il caso è quello che vede al centro i server Outlook localizzati in Irlanda e l’ordine di accesso emesso nei confronti di informazioni ivi conservate contestato a Microsoft dal Dipartimento di Giustizia nel corso di un’indagine su fatti di droga dalle caratteristiche ignote al pubblico.
In un primo momento i giudici avevano sentenziato che Microsoft fosse costretta a consegnare le informazioni gestite per conto terzi, in particolare perché ritenevano che la normativa di riferimento che assicura la protezione agli utenti, lo Stored Communications Act (SCA), non valesse fuori dalla giurisdizione USA, e men che meno per il territorio irlandese come nel caso in oggetto. La decisione era però stata ribaltata , dove ai mandati di sequestro statunitensi era stata riconosciuta una portata esclusivamente entro i confini nazionali. Questo anche alla luce dell’ attenzione che il caso aveva nel frattempo attirato sulle azioni del Dipartimento di Giustizia , non solo con la mobilitazione di altre aziende ICT e associazioni di settore, ma anche a livello internazionale .
Il caso tuttavia non si è fermato e, su istanza del DoJ che invoca “gravi rischi per la sicurezza nazionale” e contestava a Redmond diritti legali in forza dei quali difendere la privacy dei propri utenti del servizio di email, è stato rinviato alla Corte federale: questa non è riuscita tuttavia a chiarire una volta per tutte la questione o, meglio, con 4 voti contro 4 da parte degli 8 giudici che la compongono non ha potuto decidere per la revisione della decisione precedente .
A questo punto ci sono buone possibilità che il caso venga dibattuto dalla Corte Suprema , come dichiarato per altro dal portavoce del Dipartimento di Giustizia: “Vaglieremo le altre opzioni ancora possibili”.
Claudio Tamburrino