I videogiochi? Inficiano il corretto sviluppo dei giovani cittadini, sono osceni, vanno trattati come la pornografia. I legislatori statunitensi tornano a sfoderare il ritornello con cui promettono di vietare i giochi inadatti ai minori, tornano a cavalcare le inquietudini di genitori apprensivi, preoccupati a tal punto da non saper reagire vigilando su quella che presumono essere le cause che spingono i propri figli verso l’ultraviolenza.
Accade ora in Massachusetts : i minori sono messi a rischio da ciò che è osceno, dal materiale che rappresenta sesso o violenza e nel contempo “manca di qualsiasi valore letterario, artistico, scientifico o politico”. Una descrizione nella quale ricade il materiale pornografico, una descrizione nella quale ricadono molti titoli videoludici. Esistono leggi che vietano la vendita di materiale pornografico ai minori, allo stesso modo dovrebbero esistere leggi che vietano la vendita ai più giovani di videogiochi osceni: questa la proposta avanzata dai legislatori dello stato americano.
È questo un bill supportato ampiamente dal sindaco di Boston, Thomas M. Menino: “Non bisognerebbe vendere questa roba ai minorenni, non dovrebbe finire nella mani di bimbi di 9 o 10 anni – ha spiegato un suo portavoce – sarà una strada in salita ma è una battaglia che il sindaco ha deciso di combattere”. I legislatori del Massachusetts hanno infatti ingaggiato una guerra che sembra essere persa in partenza: il proibizionismo non solo non sortisce alcun effetto , ma si scontra inevitabilmente contro il parere della magistratura, che ha ripetutamente bocciato provvedimenti analoghi.
È successo in Louisiana e nel Michigan , è accaduto in Illinois , si sta verificando in California : l’interdizione della vendita è inapplicabile poiché non è possibile stabilire d’ufficio cosa sconfini nell’osceno, cosa sia realmente nocivo per i più piccoli. Il divieto di vendere videogame non può coesistere con questa incertezza nel discriminare la qualità dei contenuti: proibirne la distribuzione equivale a censurare arbitrariamente, una censura che cozza con il Primo Emendamento della Costituzione.
Per le stesse motivazioni, una corte d’appello del Missouri nei giorni scorsi ha squalificato una legge analoga in vigore da due anni: la legge prevedeva che i minori che avessero acquistato un videogioco imbollinato come inadatto, venissero sanzionati con una multa di 25 dollari.
Per calpestare il diritto di espressione sarebbero necessarie prove incontrovertibili dell’esistenza di una relazione causale tra violenza videogiocata e reali minacce allo sviluppo dei piccoli: il tribunale ha bilanciato i diritti in gioco e decretato l’incostituzionalità della legge. Ma qualche esitazione ha serpeggiato nel consesso dei giudici: nel documento emesso dalla corte si è sottolineato che permane la “sensazione intuitiva che l’effetto della estrema violenza rappresentata nei videogiochi possa avere qualche ripercussione sul benessere psicologico dei minori”.
Gaia Bottà
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