Cosa dovremmo pensare degli anni della Guerra Fredda se sapessimo – in ritardo – che un paio di Paesi avevano la possibilità di controllare tutte le informazioni diramate dagli altri, anche le più segrete, anche le più inconfessabili? Cosa dovremmo inoltre pensare se in linea teorica questi paesi facevano parte della nostra stessa alleanza, ma con un atteggiamento di questo tipo si ponevano evidentemente su di un altro livello di conoscenza? Cosa dovremmo pensare, infine, dei nostri stessi servizi segreti se fosse chiaro e che le loro comunicazioni erano – con una certa ingenuità di fondo – affidate ad una azienda senza che si fossero fatti i debiti controlli su questa stessa azienda?
Quello che emerge da un report congiunto del Washington Post e della tedesca ZDF è esattamente il quadro descritto in queste righe: due paesi (Stati Uniti e Germania Occidentale) avrebbero avuto in pugno una azienda svizzera il cui lavoro nel mondo della crittografia avrebbe messo assieme clienti da tutto il mondo. Esatto: tutti con lo stesso servizio di crittografia, tutti quindi perfettamente controllabili dalle due potenze segretamente unite dietro questo progetto.
Non si tratta di una storia perfettamente nuova: fin da inizio millennio si pubblicano libri sulla questione e su come gli Stati Uniti siano stati in grado di far leva sulle informazioni carpite ai danni di paesi terzi nel tempo. Tuttavia le due testate portano ora avanti nuova documentazione, nuove prove e nuove testimonianze che dettagliano il modo in cui il tutto ha avuto luogo, circoscrive gli interessi di un affare di questo tipo e spiega come sia potuto rimanere celato ai più per così tanto tempo.
Una sola crittografia per tutti
Nome in codice “Thesaurus“, poi diventato “Rubicon“: segnatevi questi nomi, potrebbero un giorno essere i titoli giusti per una serie tv sulle spie degli anni ’70. Una storia che parte dal dopoguerra, che mette assieme USA e Germania e riesce a soggiogare le intelligence di mezzo mondo grazie ad un sistema di crittografia considerato all’avanguardia, ma in realtà controllato in modo estremamente segreto dagli emissari dei due paesi. Il sistema in oggetto è quello della Crypto AG, azienda della quale si sospetta ormai da anni, ma la cui storia non è mai venuta ufficialmente a galla. Dagli uffici ancor oggi si nega qualsivoglia addebito, facendo capire che, se qualcosa c’è stato, è stato alle spalle ed a tradimento del lavoro di chi invece stava operando per la sicurezza dei clienti e delle loro missive.
E l’Italia? Si, c’è anche l’Italia tra i paesi utilizzanti i sistemi Crypto, così come ci sarebbe il Vaticano. Non c’è la Francia, non c’è il Regno Unito, ma c’è il resto del mondo europeo. Il dominio del gruppo si estende a quasi tutta l’America del Sud, ma nulla può in Russia, Cina e l’Europa del Nord. Secondo quanto emerso, ben 120 paesi in tutto il mondo avrebbero usato questo tipo di soluzione – nelle sue varie declinazioni in continua evoluzione tecnologica – tra il 1950 e il 2000. L’azienda godeva peraltro di ottima salute: la qualità apparente era appetibile e la percezione era quella di una grande sicurezza. Di qui ne conseguono i forti flussi di denaro che confluivano nel gruppo, ma al tempo stesso diventa ancor più paradossale la situazione di quella che, più che una azienda, appare ora come una grande backdoor.
Le cose hanno iniziato ad andar peggio a fine millennio, quando i denari hanno iniziato a venire meno e il gruppo si sarebbe mantenuto con più o meno evidenti investimenti USA. In questa fase i tedeschi si sarebbero defilati, lasciando il controllo dell’operazione agli USA mentre gran parte dei clienti si allontanava da sistemi messi ormai nel mirino per i troppi sospetti accumulatisi. Ma è quella la fine di una parabola che, con ogni probabilità, ha consegnato agli Stati Uniti un impareggiabile potere negli anni antecedenti: gli anni ’70-’80 sono quelli dell’Iran e dell’America Latina, sono quelli di regimi rovesciati e ricostruiti, sono quelli delle Falkland e degli equilibri nel medioriente. Impossibile stimare il valore delle informazioni segrete potenzialmente carpite in quegli anni.
L’evidenza della consistenza di tali dubbi sarebbe emersa nel 1986 quando Reagan ha ordinato l’attacco alla Libia in conseguenza di un attentato in terra tedesca: il Presidente USA di allora avrebbe accusato la Libia sulla base di evidenze inconfutabili, cosa che sarebbe stata collegata all’intercettazione delle missive tra gli attentatori e il potere centrale nel paese sotto guida Gheddafi. Come avvenne tale intercettazione? La risposta la fornisce oggi il Washington Post e la risposta è “Crypto”.
La fine di Crypto AG non è certo la fine delle intercettazioni, sebbene chiuda una pagina scritta con un inchiostro poco simpatico e molto ingenuo. Verranno in seguito le rivelazioni di Snowden, con il cellulare di Angela Merkel sorvegliato da tecnologie USA, e più tardi ancora verrà il braccio di ferro sul 5G tra USA e Cina. Al centro di tutto la segretezza delle comunicazioni, la forza della crittografia e la fallacia della tecnologia nel garantire certezze assolute in tal senso. Una storia iniziata anni prima con il lavoro di Turing su Enigma sarebbe divento un incredibile romanzo negli anni di Crypto. Oggi, col senno del poi, con le informazioni emerse in queste ore sul Washington Post, c’è materiale a sufficienza per riscrivere in parte lunghi tratti della storia della seconda metà del ‘900. In attesa di capire quali ingenuità e quali distorsioni stiano deviando la nostra consapevolezza del presente. A partire dal caso Bezos, ovviamente.