Il rapporto che lega Google alla Cina è da tempo alquanto travagliato, fin da quando ormai quasi un decennio fa il gruppo si è visto costretto a uscire dal mercato del paese asiatico in seguito a frizioni con il governo di Pechino legate a censura e a problematiche di natura tecnica sperimentate durante l’erogazione dei servizi. Più di recente segnali di un riavvicinamento tra le parti, culminate con la messa in cantiere del tanto chiacchierato progetto Dragonfly, un motore di ricerca allestito in modo da limitare l’accesso alle informazioni online. Un’iniziativa che ha sollevato parecchie polemiche e preoccupazioni, interne ed esterno alla società di Mountain View, tanto da portare ufficialmente al suo abbandono.
Google-Cina: il CEO Pichai faccia chiarezza
È stato quasi certamente questo uno dei temi dibattuti in occasione dell’incontro della scorsa settimana tra Donald Trump e Sundar Pichai. Ora il CEO di bigG è interpellato dal senatore repubblicano Josh Hawley, chiamato una volta per tutte a fare chiarezza su quali siano le iniziative messe in campo per tornare a operare nel territorio cinese. Tra queste l’apertura dell’AI China Center nella capitale per la ricerca sull’intelligenza artificiale e nuovi uffici nella città di Shenzen. Ecco un estratto in forma tradotta di quanto si legge nella lettera.
Stando ai report, il lavoro che Google sta svolgendo in Cina non solo include lo sviluppo di tecnologie IA che potrebbero essere impiegate dall’esercito e dall’intelligence del paese per mettere a rischio la privacy e i dati degli americani, ma anche l’introduzione di piattaforme in supporto a un sistema di valori e a comportamenti in forte contrasto con i nostri.
Si apprende che all’incontro della scorsa settimana con Donald Trump alla Casa Bianca ha partecipato anche Joseph Dunford, Generale dei Marines e Capo dello Stato Maggiore Congiunto.
Sappiamo del meeting con il Generale Dunford e con il Presidente degli Stati Uniti per affrontare questi temi. È ora di incontrare anche il popolo americano per spiegare pubblicamente cosa fa l’azienda in Cina, i benefici per il governo e l’esercito del paese e il perché del rifiuto di collaborare con le Forze Armate degli USA.
Il riferimento è al rifiuto di proseguire con il Project Maven che fino a qualche mese fa ha visto un sistema IA sviluppato da Google impiegato dal Pentagono per l’analisi delle immagini aeree catturate dai droni statunitensi nelle zone di conflitto e alla volontà di non partecipare al bando relativo a Project JEDI per allestire l’architettura cloud del Dipartimento della Difesa.
Sundar Pichai, che a dicembre ha già affrontato la questione di fronte al Congresso, viene dunque nuovamente chiamato in causa al fine di fare chiarezza su un tema che ha sollevato malumori anche all’interno dello stesso gruppo di Mountain View, con migliaia di dipendenti che si sono schierati apertamente contro iniziative come Dragonfly, ritenute in violazione della filosofia che da sempre contraddistingue la società poiché invece di semplificare e democratizzare l’accesso alle informazioni online vi porrebbe freno attraverso una forma di censura ritenuta inaccettabile. Nel mirino delle critiche anche l’impiego dell’intelligenza artificiale in contesti bellici o comunque a fini militari.