L’argomento nanotecnologia , negli States, è ben accetto solo in apparenza: quando se ne parla, due terzi degli americani storcono il naso , ritenendo il nanotech qualcosa di moralmente inaccettabile .
È quanto è emerso da uno studio condotto da ricercatori dell’ Università del Winsconsin-Madison e dalla American Association for the Advancement of Science . In occasione del meeting tenuto annualmente dal gruppo ne sono stati presentati i risultati: uno degli elementi determinanti per la formazione di tale parere condiviso riguardo a certe tecnologie è la religione .
Lo studio differenzia l’analisi tra USA ed Europa: “I nostri dati evidenziano che la percentuale di coloro che ritengono la nanotecnologia moralmente accettabile, negli USA è nettamente più contenuta di quella dell’Europa”, dice Dietram Scheufele, professore universitario ed esperto sull’opinione pubblica in merito al tema.
Secondo il ricercatore, la risposta è da individuarsi proprio nella religione. “Gli USA sono un paese in cui la religione gioca un ruolo importante nella vita della gente. L’importanza della religione nei diversi paesi evidenzia, dato dopo dato, il parallelo con le differenti vedute in termini di moralità. I paesi europei hanno una prospettiva di vita che spazia maggiormente sui secoli”. L’idea dell’americano con forte coinvolgimento religioso, secondo Scheufele, è che nanotecnologie, biotecnologie e ricerche cellulari vengono usate come strumenti per aumentare le qualità umane. In breve, cioè, nel momento in cui vengono usate per creare materie o stati della materia che in natura non esistono, vengono viste come un modo irriverente di “giocare a essere Dio”. E ciò in particolare quando nanotecnologia e biotecnologia vanno “a braccetto”.
Non è la prima volta che si manifestano perplessità di vario genere in relazione alle tecnologie, questioni morali che hanno sollecitato la necessità di un avallo da parte degli organismi di controllo sul commercio e scatenato l’istituzione di commissioni di vigilanza . Ma, nonostante la buona disponibilità di informazione qualificata sul tema, lo studio conclude inequivocabilmente che i cittadini “ancora si oppongono. Il loro rigetto risulta provenire dai principi religiosi, non è questione di (dis)informazione. Sono perfettamente informati”.
Per i più curiosi, in questa pagina è possibile trovare percentuali e dettagliate suddivisioni dei campioni di persone analizzati.
Marco Valerio Principato