L’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea avrebbe commesso degli errori di valutazione nel raccomandare all’UE di diffidare dagli Stati Uniti e nell’attribuire all’intelligence americana comportamenti lesivi dei diritti fondamentali del cittadino: il governo statunitense chiede fiducia, chiede che l’Unione Europea non metta in dubbio il ruolo di approdo sicuro per i dati dei cittadini europei trasferiti oltreoceano dalle aziende come Facebook, Google, Microsoft e via dicendo.
Se dopo lo scandalo del Datagate le istituzioni europee hanno già preso posizione con proposte non vincolanti per garantire ai cittadini la protezione dalle ingerenze dell’intelligence d’Oltreoceano, la minaccia ora percepita dagli USA è concreta : la scorsa settimana l’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamato a formulare un parere legale preliminare sul caso aperto dall’attivista Max Schrems sulla gestione dei dati tra Irlanda e Stati Uniti da parte di Facebook, ha raccomandato l’ invalidazione del controverso trattato Safe Harbor , che dal 2000 autorizza le aziende a gestire liberamente i dati di cittadini europei su server statunitensi. Non bastano evidentemente le autocertificazioni previste dal trattato, ha osservato l’avvocato generale Yves Bot, a garantire che i dati dei cittadini europei siano al sicuro da pericolosi trattamenti: a dimostrarlo, ha spiegato Bot, la “sorveglianza indiscriminata di massa” operata dalla NSA, ritenuta una “interferenza ingiustificata con i diritti garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea” a tutela del diritto alla vita privata a alla protezione dei dati personali.
La United States Mission to the European Union , composta dai diplomatici che gestiscono i rapporti tra le istituzioni europee e il governo statunitense, è ora intervenuta per esprimere la posizione degli States, nell’auspicio che che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea non prenda in considerazione il parere dell’avvocato generale Bot. Un parere, a dire dei diplomatici americani, macchiato da “asserzioni imprecise riguardo alle pratiche di intelligence degli Stati Uniti”.
“Gli Stati Uniti non sono impegnati nella sorveglianza inscriminata di nessuno, compresi gli ordinari cittadini europei, e non lo sono stati in passato”, afferma la United States Mission to the European Union : il programma PRISM emerso con le soffiate di Snowden “ha per obiettivo dei soggetti stranieri individuati dall’intelligence, è debitamente autorizzato dalla legge ed è sottoposto a controlli e limiti pubblicamente accessibili”. Se è vero che PRISM agisce sulla base di meccanismi legali previsti della discussa Sezione 702 del FISA Act, però, è altresì vero che le aziende chiamate per legge a concedere ad NSA l’accesso ai dati di cittadini stranieri si dichiarano da tempo all’oscuro di altre pratiche messe in atto dall’intelligence ai fini di sorveglianza venute alla luce con il Datagate. Pratiche rispetto alle quali l’avvocato Bot non è entrato nei dettagli, semplicemente incaricato di analizzare il contenzioso in corso tra Max Schrems e le autorità irlandesi.
I diplomatici statunitensi, peraltro, invitano la Corte di Giustizia dell’Unione Europea a considerare l’impegno degli States negli ultimi due anni. L’operato di NSA è stato sottoposto a giudizio, il Patriot Act è stato ridimensionato nel mesi scorsi, ma le promesse formulate dagli States devono ancora trovare il conforto della realtà dei fatti, ammesso che essi stessi non siano troppo segreti . La United States Mission to the European Union chiede di guardare al presente e al futuro e ai “passi senza precedenti compiuti dal presidente Obama per aumentare la trasparenza e la fiducia della società civile rispetto alle operazioni dell’intelligence statunitense, e per rafforzare le policy al fine di assicurare che tutte le persone siano trattate con dignità e rispetto, indipendentemente dalla loro nazionalità o dal luogo di residenza”.
Il futuro, spiega poi il governo statunitense, non dovrà essere pregiudicato dall’annullamento degli accordi Safe Harbor proprio nel momento in cui Unione Europea e USA li stanno riformulando per migliorarli, per garantire che le aziende che operano a cavallo tra i due continenti possano continuare a gestire i dati dei propri utenti presso le infrastrutture che ritengono più opportune, salvo controversie .
Per conoscere il parere della Corte di Lussemburgo e il destino degli accordi Safe Harbor si dovrà attendere il 6 ottobre.
#Schrems ruling date confirmed: 6th October at 9:30 #SafeHarbor
– EU Court of Justice (@EUCourtPress) 29 Settembre 2015
Gaia Bottà