Nuova edizione del rapporto “Special 301”, nota lista di proscrizione a cura dell’Office of the United States Trade Representative (USTR) pensata per mettere alla berlina i mercati e i servizi su cui prospera la pirateria. Che si tratti di beni contraffatti o di file digitali replicati online via P2P poco importa: lo Special 301 non salva nessuno.
Il rapporto Special 301 viene in pratica stilato su indicazione delle major multimediali e identifica “più di 30 mercati che tipizzano il problema dei marketplace specializzati in beni e servizi volti a infrangere i diritti di proprietà intellettuale e che aiutano a sostenere la pirateria e la contraffazione globali”.
La nuova edizione del rapporto Special 301 chiama fuori dal gioco della “pirateria” globale Baidu, il motore di ricerca cinese che agli occhi delle autorità (e delle major) statunitensi si è praticamente rifatto una verginità digitale dopo aver accettato di versare l’obolo alle Big Four del disco per gli MP3 scaricati “illegalmente” dai netizen asiatici.
Chi invece fa da “ospite fisso” dello Special 301 sono i siti di torrent, noti e meno noti portali “pirata” come The Pirate Bay, isoHunt, BTJunkie, Kat.ph e Torrent.eu che hanno, a dire delle major e delle autorità statunitensi, la criminale responsabilità di “facilitare il download di contenuti non autorizzati”.
Ma la colonna infame dello Special 301 riserva spazio anche ai siti di file hosting – o cyber-locker, o “armadietti digitali”, che dir si voglia – come Megaupload, un servizio recentemente caduto in disgrazia per aver pestato i piedi a Universal Music Group o qualcosa del genere . E c’è spazio anche per “Vkontakte”, il social network russo recentemente salito agli onori delle cronache per fatti di “pirateria” musicali e affini .
Alfonso Maruccia