A svelarlo è stata una recente analisi pubblicata tra le pagine online della testata PaidContent . Si tratta di un curioso meccanismo minatorio, messo in piedi da una società californiana – la Digital Rights Corp – specializzata nel monitoraggio dei vari canali votati alla condivisione illecita dei contenuti.
Ma le pretese economiche dei responsabili di Digital Rights Corp sono sembrate decisamente più umane, almeno davanti a certe cifre astronomiche pretese dai grandi dell’industria statunitense. Appena 10 dollari per estinguere il debito con la legge, praticamente il costo di un pranzo al fast food per ciascuno dei brani scaricati a mezzo P2P.
Ma c’è l’inghippo , prontamente svelato dal report pubblicato da PaidContent . I vertici di Digital Rights Corp altro non farebbero che inviare una missiva standard ai vari provider, con l’obbligo di inviarla ai propri abbonati. Praticamente, non si cerca nemmeno di rastrellare indirizzi IP per conoscere i nomi dei netizen .
Una sorta di pesca con la pastura, gettata a mare in attesa di chi abbocchi. Secondo l’inchiesta, Digital Rights Corp non avrebbe la minima intenzione di trascinare in aula gli scariconi accusati. Eppure il messaggio standard sottolinea come si rischi fino a 150mila dollari di multa . Compresa la disconnessione del proprio account per mano dei singoli fornitori di connettività.
Mauro Vecchio