Stando ai prontuari distribuiti agli agenti impegnati a indagare sulle frodi fiscali, negli USA non c’è alcun bisogno di un mandato del giudice per accedere alle email o ad altre comunicazioni elettroniche dei cittadini se a farlo sono gli agenti dell’ Internal Revenue Service (IRS).
Per l’agenzia alle dipendenze del Dipartimento del Tesoro sarebbe pratica comune accedere a tali comunicazioni archiviate su server, perché – sempre stando al “Search Warrant Handbook” del 2009 ottenuto dall’American Civil Liberties Union (ACLU) tramite Freedom of Information Act – gli utenti di Internet “non hanno alcuna ragionevole aspettativa di riservatezza in tali comunicazioni” e non sono quindi protetti dal Quarto Emendamento della Costituzione statunitense.
Su Internet la privacy non esiste, suggerisce l’IRS, con buona pace del cloud computing e dello storage “sicuro” venduto agli utenti come meccanismo di comunicazione inviolabile. In documenti precedenti a quello ottenuto da ACLU, l’IRS diceva al contrario di dover richiedere un mandato per accedere alle comunicazioni elettroniche dopo più di 180 giorni di archiviazione.
Secondo ACLU, dal 2009 a oggi la politica “no privacy” di IRS non è cambiata di una virgola, e questo nonostante la sentenza del caso Warshak abbia stabilito – quasi 3 anni fa – che il Quarto Emendamento protegge anche le comunicazioni elettroniche – quindi le email – dall’abuso delle pratiche di perquisizione e sequestro.
Alfonso Maruccia