La rivelazione arriva dalla conferenza a porte chiuse ISS World , ed è potenzialmente di quelle dirompenti: il carrier statunitense Sprint/Nextel ha fornito informazioni di geolocalizzazione alle forze dell’ordine statunitensi, nell’arco di un solo anno, per otto milioni di volte . Non si tratta di milioni di utenti, a ben vedere, e il provider getta acqua sul fuoco delle polemiche senza però addentrarsi molto nella divulgazione di cifre e dati potenzialmente compromettenti.
Alla conferenza ha parlato il responsabile della “sorveglianza elettronica” di Sprint/Nextel Paul Taylor, descrivendo il funzionamento di un sistema automatizzato accessibile dagli agenti di polizia, personale del pronto intervento e altre autorità, da cui è possibile ricavare in ogni momento la posizione GPS di un particolare soggetto in possesso di un account di accesso alla rete del provider.
La cifra di 8 milioni si ricava appunto dal numero totale di richieste pervenute al sistema in un anno, e Sprint si è subito affrettata a precisare che un numero così alto di query non corrisponde affatto una quantità di utenza proporzionata. Per ogni singolo utente, rivela Sprint, le forze dell’ordine possono fare una richiesta ogni tre minuti fino a 60 giorni, e nel conto vanno incluse le situazioni di emergenza in cui la posizione GPS serve per risolvere casi di rapimento o tracciare utenze dopo una chiamata al 911.
Lo spaccato del Grande Localizzatore rivela anche la perniciosa tendenza dei provider (Sprint e non solo) a mantenere per lungo tempo (almeno 24 mesi) un archivio di informazioni quali la cronologia dei siti visitati su smartphone e dispositivi MID, informazioni che finiscono poi dritte nella bocca dei famelici Agenti di Marketing alla caccia costante di profili e obiettivi per la promozione di questo o quel prodotto.
Colossi come Yahoo! e Verizon si contrappongono alle richieste di diffusione di informazioni per mezzo del Freedom of Information Act da parte dello stesso autore della rivelazione riguardante Sprint/Nextel. Motivazioni? Gli utenti potrebbero essere “shockati” e “spaventati senza motivo” dal quantitativo di azioni delatorie messe in atto a vantaggio di soggetti ignoti.
Alfonso Maruccia