I principi contenuti nel Primo Emendamento della Costituzione statunitense tutelano la libertà d’espressione anche in un semplice “mi piace” cliccato su Facebook . È il cuore di una sentenza diramata presso una corte d’appello in Virginia, a ribaltare la precedente decisione in primo grado contro un gruppo di impiegati licenziati per aver supportato sul social network californiano il rivale di uno sceriffo locale.
Per il giudice d’appello, l’espressione di una determinata preferenza personale (e politica) a mezzo like equivale al piazzamento di un comune cartello elettorale nel giardino di casa . In sostanza, il pulsante social deve essere tutelato dai fondamentali principi costituzionali, dal momento che la manifestazione social di un determinato pensiero elettorale merita le stesse tutele garantite nella vita offline.
Dall’estate 2012, il caso aveva tirato in ballo un gruppo di sei dipendenti presso gli uffici di uno sceriffo in Virginia che aveva deciso di licenziare in massa come forma di vendetta per il supporto su Facebook del suo oppositore Jim Adams. In primo grado, un giudice locale aveva stabilito che le opinioni social non potessero essere equiparabili alle forme di comunicazione scritta.
Supportati dagli stessi responsabili di Facebook, i sei dipendenti locali potranno riavere il lavoro dopo il ritorno della causa in primo grado. Soddisfazione da parte degli attivisti di American Civil Liberties Union (ACLU): il Primo Emendamento deve tutelare la libera espressione sia online che offline, dal momento che non esiste alcuna differenza tra le opinioni social e quelle dichiarate in piazza o con un cartello elettorale.
Mauro Vecchio