L’ accordo economico tra Netflix e Comcast per il peering del traffico telematico ha alimentato polemiche e profezie sulla morte della net neutrality e di Internet come la conosciamo oggi. La situazione, in realtà, sembra essere molto più complessa e meno preoccupante di quanto le proteste di Netflix lascino intendere.
La pratica del peering tra ISP e fornitori di contenuti, per cominciare, è tutto fuorché insolita : analizzando i dati pubblicamente disponibili si scopre che le principali corporation di Rete come Google, Microsoft, Facebook, Amazon, eBay, Apple e Netflix connettono direttamente i propri network privati alle reti di provider quali AT&T, Comcast, Verizon e Sprint.
Gli accordi di peering sono di uso comune da decenni , rivela l’analista Dan Rayburn, possono prevedere o meno un pagamento in denaro e poco hanno a che fare con i principi della net neutrality e l’accesso “universale” e non discriminatorio ai contenuti digitali da parte degli utenti.
Anche Apple, ad esempio, si è organizzata la propria CDN ( Content-Delivery Network ) privata, ed è ora in contatto con i maggiori ISP statunitensi per facilitare la connessione tra le reti e quindi la facilità di accesso a servizi come iCloud e iTunes da parte dell’utente finale. Apple non si lamenta come ha fatto Netflix, mentre Google si inserisce nella questione sottolineando come il peering tra CDN e il suo servizio di accesso Internet in fibra ottica (Google Fiber) non costi assolutamente nulla , trattandosi di una pratica che porta beneficio a tutti.
La discussione su peering e net neutrality aperta da Netflix una conseguenza l’ha avuta, ad ogni modo: la Federal Communications Commission (FCC), che già si sta occupando di neutralità della Rete, ha deciso di studiare la situazione per identificare eventuali posizioni “commercialmente irragionevoli” di traffico agevolato.
Alfonso Maruccia