New York – Cablevision Systems , noto operatore televisivo americano via cavo, ha perso la sua battaglia contro gli Studios e i grandi network statunitensi. La Corte Distrettuale di Manhattan ha vietato infatti il lancio di un suo nuovo servizio di video recording basato sull’archiviazione remota.
Lo scorso maggio alcuni giganti dei media, tra cui Time Warner, News Corp., CBS e Walt Disney, avevano denunciato la compagnia newyorchese per violazione delle Leggi sul copyright. Il suo Remote Storage DVR avrebbe permesso agli abbonati di fare a meno di set-box e dispositivi di registrazione domestici. Ogni copia sarebbe stata archiviata su un server remoto in gestione alla Cablevision Systems.
Ma il Giudice Denny Chin ha dato ragione all’accusa. “Il RS-DVR è chiaramente un servizio, e ritengo che Cablevision, fornendolo, di fatto, si occupa delle copie”, ha dichiarato Chin. “Non si tratta di una soluzione stand-alone che viene posizionata sul televisore, ma di un sistema complesso che implica una relazione continua tra Cablevision e i suoi clienti”.
Cablevision, invece, ha sostenuto per l’intera durata della causa che la tecnologia DVR del suo network è legale come i videoregistratori presenti nei salotto, o come quelli prodotti da TiVo e Cisco. “Siamo scontenti della decisione del giudice, e continuiamo a credere che l’archiviazione DVR remota rispetti le norme sul copyright e possa offrire notevoli vantaggi ai consumatori – inclusi costi inferiori e una più ampia diffusione per questa popolare tecnologia”, si legge in un comunicato ufficiale dell’azienda.
La questione, però, secondo un lungo editoriale apparso sul Wall Street Journal dovrebbe essere affrontata con maggiore attenzione. Secondo l’autore, Jason Fry, l’archiviazione in remoto – per di più con un singolo slot a disposizione di ogni abbonato – dovrebbe essere paragonata a quella domestica. Di fatto sarebbe come “stendere un lungo filo che collega il televisore di casa ad un videoregistratore a noleggio posto in un altro luogo”.
“Ma gli Studios e i network via cavo sostengono che un remote DVR è più un servizio di video-on-demand, e che quindi Cablevision ha bisogno di un permesso per il re-broadcast dei programmi”, ha ribadito il giornalista, sottolineando le analogie con la sentenza di Chin.
Secondo Fry si tratterebbe quindi dell’ennesima dimostrazione della “feticizzazione” della tecnologia. A suo parere un DVR è un DVR senza badare dov’è posizionato esattamente il suo hard disk. Per analogia la stessa cosa sta avvenendo nel settore radiofonico, dove è in atto una discriminazione fra la diffusione via etere e lo streaming online.
“Il problema che si nasconde dietro a queste cose è la costante erosione del diritto del fair use in favore dei diritti dei possessori di copyright, che hanno individuato nella semplice minaccia legale una valida arma”, ha sottolineato Fry.
Dario d’Elia