Una faccina sorridente, quasi quanto quella del suo frugoletto danzante. Quello stesso bimbo che era apparso tra i meandri di YouTube mentre batteva il piede su Let’s Go Crazy , brano dell’artista precedentemente noto come Prince. Un’emoticon tra le più semplici: punto e virgola, trattino, parentesi tonda . Che potrebbe ora rappresentare il punto di svolta in una causa contestata, iniziata quasi tre anni fa.
Una corte statunitense aveva dato ragione alla casalinga Stephanie Lenz, che aveva protestato contro l’ordine di rimozione di Universal Music Group. Il filmato del suo pargoletto doveva sparire dal Tubo , perché in violazione del copyright relativamente al brano dell’ Artist di Minneapolis. La donna aveva trovato la solidarietà indignata di Electronic Frontier Foundation (EFF): si trattava di un caso più che emblematico di fair use , di uso legittimo.
La battaglia di Stephanie Lenz non si era fermata con la decisione a suo favore del giudice a stelle e strisce. La donna aveva continuato a battere le vie legali per riuscire ad ottenere da Universal il pagamento dei danni subiti, oltre che delle spese per il dibattimento. Danni sostanziali ed irreparabili , così come chiamati dal talvolta oscuro linguaggio legalese .
Ed è proprio sul legalese che potrebbe a sorpresa giocarsi la partita finale nel lungo contenzioso tra Stephanie Lenz e Universal Music Group. Stando ad alcune prove portate in aula dall’etichetta, la casalinga ha avuto una conversazione via posta elettronica con un amico. Questi le avrebbe così scritto : “adoro come Lenz sia stata danneggiata in maniera sostanziale ed irreparabile”. Seguito da un’emoticon: punto e virgola, trattino, parentesi tonda.
Una faccina ripresa poi dalla stessa Lenz, che ha confermato quanto detto dall’amico. Per gli avvocati di Universal , la prova sarebbe evidente: Stephanie Lenz ha scherzato sull’argomento perché consapevole di aver agito in cattiva fede . Ma la donna ha prontamente rifiutato questa visione, sostenendo di aver semplicemente scherzato – così come d’altronde il suo amico – sui termini utilizzati dalla legge statunitense per indicare i danni da lei subiti. Per sapere la verità, basterà attendere un’altra faccina: quella di Universal dopo la decisione del giudice.
Mauro Vecchio