Durata delle sessioni online, indirizzi IP di tutti coloro che hanno indugiato ad abbeverarsi di connettività da qualsiasi tipo di fornitore di banda, conservati per due anni per sostenere eventuali indagini condotte dalle forze dell’ordine. Questo è quanto prevedono due proposte di legge presentate negli States contemporaneamente alla Camera e al Senato.
Le proposte, S 436 e HR 1076 , identificate con il nome di Internet Stopping Adults Facilitating the Exploitation of Today’s Youth Act ( Internet SAFETY Act ), sono state introdotte dai senatore John Cornyn e dal representative Lamar Smith: entrambe prevedono l’inasprimento delle pene per chiunque acceda a materiale pedopornografico online, e nuove responsabilità per coloro che facilitino la circolazione di questo materiale. Dai fornitori di storage online ai fornitori di servizi email, rischiano sanzioni amministrative e fino a 10 anni di carcere qualora “si intrattengano consapevolmente in una condotta che sanno o hanno motivo di credere che possa agevolare l’accesso o il possesso di pornografia infantile”. La responsabilità dei contenuti che si scambiano online potrebbe ricadere direttamente sui fornitori dei servizi: invece che giocare un ruolo di meri intermediari, potrebbero ritrovarsi a dover vigilare sulle comunicazioni degli utenti che servono.
Ma le responsabilità degli intermediari della rete non si limitano alla circolazione di contenuti sulle piattaforme: ad essere coinvolti sono altresì i fornitori di servizi di connettività . Entrambe le proposte di legge prevedono che chiunque offra ai cittadini la possibilità di connettersi in rete tracci per un periodo di due anni gli indirizzi IP temporaneamente assegnati al netizen che sfrutti il loro servizio. “Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica e i fornitori di servizi di remote computing – così recitano i testi di entrambe le proposte di legge – devono conservare per un periodo di almeno due anni tutti i record o altre informazioni relative all’identità di un utente a cui è assegnato temporaneamente un indirizzo di rete”.
Internet café e provider, istituzioni e privati cittadini: così come nel caso del precedente Securing Adolescents From Exploitation-Online Act ( SAFE Act ), una proposta di legge presentata nel 2007, ad essere coinvolti sono tutti coloro che si possano considerare “fornitori di servizi di comunicazione elettronica ” o “fornitori di servizi di remote computing “. Data la vaghezza con cui è espresso il testo delle proposte di legge, dato l’ampio raggio degli attori che potrebbe investire, tutti coloro che possedessero un router e intendessero garantire connettività aperta si troverebbero ad agire come fossero provider, si troverebbero ad essere investiti degli stessi oneri e delle stesse responsabilità.
Così come avviene per gli operatori telefonici, spetterà loro tenere traccia di tutto ciò che avviene con la mediazione delle macchine che mettono a disposizione. I dati dovranno essere svelati alle forze dell’ordine che ne facciano richiesta, nel quadro del dipanarsi di un’indagine. “Se chiediamo alle compagnie telefoniche di conservare lo stesso tipo di informazione – denuncia il representative Smith – non c’è ragione per cui la legge non dovrebbe essere estesa affinché si chieda agli ISP di comportarsi allo stesso modo”. Gli operatori delle forze dell’ordine, rivendica Smith, dovrebbero avere a disposizione gli strumenti di cui hanno bisogno per combattere il crimine, sia che sia stato commesso con l’ausilio del telefono, sia che sia stato commesso online.
“Se Internet ha creato numerosi cambiamenti nel modo in cui comunichiamo e in cui facciamo business – ha spiegato il senatore Cornyn – la sua natura non regolamentata offre un anonimato che ha aperto la porta a dei criminali che provano ad attentare a bambini innocenti”. La collaborazione per assicurare ai minori una vita serena, chiosa Cornyn, deve passare dalle responsabilità locali, statali, federali e familiari. E attraverso le autorità così come attraverso i privati cittadini potrebbero passare l’enforcement delle leggi e la responsabilità di raccogliere e archiviare informazioni sui cittadini. Informazioni conservate senza alcuna tutela , stoccate in database che i cittadini potrebbero non riuscire a gestire in termini economici e di cui i cittadini potrebbero non riuscire a garantire la tutela da occhi indiscreti.
Gaia Bottà