Su Internet si sposta ormai buona parte della comunicazione, dell’economia e della società, ma la Rete rappresenta, inoltre, la nuova frontiera della guerra, finora mai così vicina agli immaginari partoriti dal cyberpunk o alle adrenaliniche scene di film di azione . Negli Stati Uniti, poi, la questione diventa ufficiale e un comitato del Senato si è preso la briga di ascoltare tutti i soggetti interessati e provare a tirare le fila della questione.
L’FBI, in particolare, sta investigando su alcuni personaggi, sospettati di essere legati ad Al Qaeda, che starebbero organizzando un attacco al sistema informatico statunitense . Anche se mancano prove concrete che gruppi terroristici abbiano sviluppato competenze tecniche tali da poter effettuate un cyber-attacco coordinato all’intera infrastruttura statale, certo dei singoli – più o meno motivati – possono costituire una minaccia alla sicurezza nazionale.
Anche se per Richard Schaeffer di NSA l’ 80 per cento delle minacce possono essere attualmente prevenute, secondo Larry Clinton, presidente dell’ Internet Security Alliance , proprio la mancanza di attenzione oggi, con il conseguente accantonamento di risorse umane e finanziarie per prevenire eventuali minacce, non farà altro che incrementare le possibilità che in futuro una simile eventualità si possa concretizzare e che gruppi di terroristi riescano facilmente a mettere in ginocchio un paese con un coordinato attacco via Internet. E allora, si potrà star certi, afferma Steven Chabinsky, ufficiale della Cyber Division dell’FBI, “che avranno intenti distruttivi e devastanti”.
Già oggi, d’altronde, le indagini dell’FBI hanno condotto a individui affiliati o simpatizzanti di Al Qaeda che hanno discusso e individuato vulnerabilità nell’infrastruttura informatica del paese. In particolare nel mirino vi sarebbero il settore energetico , quello dei trasporti e la finanza che passa ormai naturalmente su Internet.
Michael Chertoff, ex segretario per la Sicurezza Nazionale, ha addirittura affermato che “è solo questione di tempo, presto avranno le capacità per fare danni”. E l’ex direttore della National Intelligence ha sottolineato il rischio di veder “distrutte le risorse monetarie del Paese a causa di un attacco terroristico”.
È stata inoltre la security company McAfee ad alzare il livello di allarme e a spostare l’attenzione sulle risorse governative: ha affermato che la minaccia di una guerra digitale non è più solo una possibilità, ma anzi che ormai stati come Russia, Cina, Francia, Israele e Stati Uniti hanno le capacità tecniche per aprire una nuova era nelle guerre.
Da McAfee arriva addirittura la definizione di cyber guerra fredda : gli stati starebbero accumulando risorse e abilità tecnologiche “integrabili nelle proprie strategie militari, ma – riferisce il vicepresidente Dmitri Alperovitch – sono ancora molto esitanti nel lanciare questo genere di attacchi”. Con la conseguenza che sarebbe in atto un’escalation di risorse e strategia informatica, simile a quanto accade agli armamenti in vista dello scoppio di un conflitto armato.
Avvertimenti, tutti questi, che hanno spinto il Senato ad aprire l’indagine. Indagine nel quadro di cui gli attuali ufficiali della Sicurezza Nazionale e del Dipartimento della Giustizia hanno dichiarato che il Paese non sarebbe preparato a una tale minaccia e che per agire occorrerebbero abilità nuove nonché una riforma del quadro normativo. Tuttavia la questione, anche a detta degli uomini dell’amministrazione Obama, è complicata e necessita di un’analisi ulteriore che prenda in considerazione tutte gli aspetti collaterali, tra cui l’ enforcement , i rapporti internazionali e i diritti civili dei cittadini. Sul punto sono tra l’altro intervenuti proprio i gruppi per le libertà civili, interessati a salvaguardare i diritti dei cittadini in rete, su cui non dovrebbe ricadere il costo della sicurezza.
Claudio Tamburrino