C’è ancora moltissima televisione nella dieta mediale dei cittadini USA. E anzi i consumi di televisione continuano a crescere . Questo non significa che le cose nella pubblicità televisiva vadano bene, anzi il gettito di certe attività continua a contrarsi, ma i network che pure finanziariamente se la passano male continuano a sperare.
A raccontarlo è l’ultimo report Nielsen sul consumo di mass media negli Stati Uniti. L’obiettivo del documento, pubblicato come ogni anno alla fine del terzo trimestre, è ricostruire quanto tempo venga passato dai cittadini nordamericani davanti ai tre “main screens” del mondo contemporaneo: televisione, internet, telefono cellulare.
E i risultati, se dobbiamo credere a questi panel statistici, sono di interesse. Per quanto riguarda internet, la crescita è reale ma circoscritta: confrontando il terzo trimestre del 2008 con lo stesso periodo del 2007, si trova che il consumo di rete è aumentato “solo” del 5,7% . Come dire che, dati 2008, ogni cittadino statunitense passa davanti al computer solo un’ora e mezza in più al mese rispetto a quanto faceva nel 2007.
Positivi, così vengono considerati, anche gli score relativi al consumo di video su telefono cellulare . In questo caso la rilevazione – che tiene conto tanto dei contenuti scaricati a pagamento dai grandi network, quanto di quelli “free” – registra un tempo medio di permanenza davanti allo schermo pari a 3 ore e 37 minuti (contro 3 ore e 15 nel 2007).
Ma la vera notizia sono i consumi di tv. Mentre in tutto il mondo si sprecano articoli e servizi sulla presunta “morte della televisione”, infatti, il tempo di permanenza degli statunitensi in questo settore continua ad allungarsi, raggiungendo i picchi più alti di sempre. Nelle case nordamericane, raccontano gli analisti di Nielsen, si guardano ogni giorno 8 ore e 18 minuti di televisione , con una crescita monstre del 25% rispetto all’anno precedente. E il record viene bissato se si guarda al consumo individuale, arrivato nel 2008 a 4 ore e 45 minuti per ogni testa.
A trainare il boom del “piccolo schermo” tradizionale è prima di tutto il consumo differito (legato a DVD, programmi registrati etc), aumentato nel 2008 del 52,5% rispetto all’anno precedente. Mentre cresce in modo molto più limitato la modalità tradizionale di fruizione, che registra un aumento del 4,1% su base annua.
Sebbene possa essere vero, come suggerisce qualcuno, che certi dati relativi soprattutto al “consumo di Internet” siano sottodimensionati, e con difficoltà si misuri il tempo passato davanti al PC e con la televisione accesa, come è costume di molti, dalle informazioni di Nielsen non si evince, comunque, che il mondo della televisione goda di buona salute . Anzi sono molte le minacce alla tv, almeno per i grandi network tradizionali. Anzitutto, l’aumento nelle ore di permanenza davanti allo schermo riguarda esclusivamente le tv via cavo e a pagamento, mentre le stazioni “free” via etere continuano a perdere spettatori e share.
Inoltre, dato ancora più preoccupante per i network, le aziende investono sempre meno in pubblicità televisiva , come documentato anche da un recente articolo di Variety . E mano a mano che la crisi economica si fa più acuta, le cose potrebbero anche peggiorare.
Tutte cattive notizie, quindi? Non necessariamente. Perché la crisi dei network tradizionali, e al limite anche una loro ristrutturazione, potrebbero avere effetti positivi non solo rispetto alla qualità dei programmi, ma anche alle politiche pubbliche di attribuzione delle frequenze. Sia negli Stati Uniti che altrove.
Giovanni Arata