Con lo scarto di un solo voto, i nove giudici della Corte Suprema statunitense hanno riconosciuto alle varie autorità federali il diritto di raccogliere campioni di DNA in seguito all’arresto di sospetti sul territorio a stelle e strisce . Agli ufficiali di polizia locale basterà un motivo ragionevole per procedere all’analisi dei campioni nei casi di sospetta attività criminosa.
Come sottolineato dal giudice Anthony Kennedy, la raccolta del campione genetico può essere paragonata ad altre attività di routine nelle centrali di polizia, come ad esempio l’archiviazione delle impronte digitali o le classiche foto segnaletiche. La procedura di rilevamento del DNA sarebbe protetta dai principi costituzionali nel Quarto Emendamento , utile agli agenti statunitensi per perseguire i criminali.
Nel 2003, un misterioso cittadino del Maryland aveva stuprato una donna nella sua abitazione privata. Sei anni più tardi, Alonzo King veniva arrestato dalla polizia per aver assalito alcune persone con un fucile a pompa. Portato in custodia, l’analisi del suo DNA aveva permesso alla polizia di accusarlo di violenza sessuale, risolvendo il caso di sei anni prima. L’uomo si era rivolto ad una corte del Maryland per contestare l’irragionevole prelievo .
La posizione del giudice Kennedy non ha convinto una minoranza di quattro giudici alla Corte Suprema degli States . Nelle parole del giudice Antonin Scalia, l’applicazione indiscriminata dei prelievi di DNA porterebbe la polizia statunitense a creare un database di tutti quelli che sono stati arrestati – giustamente o ingiustamente – con ragionevole sospetto . Un cittadino ammanettato per violazione del codice stradale potrebbe dunque subire lo stesso trattamento di un assalitore con armi da fuoco o uno stupratore.
Mauro Vecchio