Update in calce – Roma – Agire nell’anonimato, operare con la mediazione di un proxy potrebbe costare un’estensione della pena a coloro che in rete intessono trame e violano la legge. Gli Stati Uniti stanno valutando degli aggiustamenti alle direttive che guidano i magistrati nell’applicazione della legge e nel comminare le pene: nascondersi online potrebbe diventare un’aggravante.
Le sentenze nei confronti di coloro che abbiano commesso un reato potrebbero dilatarsi del 25 per cento se il voto della United States Sentencing Commission apporrà il sigillo alla proposta : far rimbalzare i propri dati per proteggersi da tracciamenti sarà considerato come un tentativo di depistaggio da punire.
Le associazioni che si ergono a tutela dei diritti dei cittadini della rete si sono già espresse. EFF ha invitato la Commissione a respingere la proposta di emendamento: non esiste una relazione tra quelli che le autorità definiscono “tecnologie e software per nascondere la localizzazione geografica o l’identità” e la criminalità. Non sono strumenti eccessivamente sofisticati, non è necessario che l’utente disponga di particolari oscure competenze tecniche per approfittarne. EFF suggerisce che non è possibile inferire che operare dietro un proxy rappresenti necessariamente un indizio di premeditazione .
Tecnologie e strumenti di anonimizzazione, spiega EFF, sono comuni e spesso trasparenti al cittadino della rete: operando da una biblioteca, dalle scrivanie di un ufficio, si rischia di essere non tracciabili. Ma l’emendamento alle linee guida non sembra contemplare l’involontarietà della non tracciabilità: poco importa se un soggetto commette un reato sul luogo di lavoro, confinato in una rete filtrata; poco importa se l’individuo che commette un reato stia tentando di far perdere le proprie tracce per poter accedere a contenuti che lo stato in cui agisce ritiene inopportuni. La motivazione dell’utilizzo di servizi di anonimizzazione, a parere della commissione, sembra essere solo la cattiva fede. Che si intende punire con pene severe.
Gli strumenti che le autorità ritengono un inizio di premeditazione ed esclusivamente pensati per occultare attività criminose, ricorda EFF, sono altresì un mezzo per tutelare la privacy online . Un diritto che dovrebbe spettare a tutti i cittadini, un diritto spesso insidiato da stato e mercato per le ragioni più diverse. Non sono dunque i servizi di anonimizzazione ad essere di per sé connotati in maniera negativa: dovrebbe spettare all’autorità giudiziaria esaminare le contingenze, e determinare che ruolo abbiano giocato nel dipanarsi dell’azione criminosa. “Il governo sembra credere che se una persona si adopera in maniera ordinaria per proteggere la propria privacy sia per questo motivo un criminale più esperto” denuncia John Morris del Center for Democracy and Technology : questo atteggiamento trasmetterebbe un “messaggio negativo riguardo alla tutela della propria riservatezza”.
Gaia Bottà
UPDATE : La United States Sentencing Commission, con il voto espresso nelle scorse ore, ha per il momento respinto l’emendamento. Il testo verrà riformulato e sottoposto a nuova votazione.