È un cittadino inglese, promuoveva online viaggi a Cuba, gestiva un’agenzia di viaggi in Spagna ma aveva registrato il proprio dominio anche negli Stati Uniti: il registrar statunitense al quale si era rivolto l’ha radiato dalla rete . La motivazione? I siti che gestiva comparivano in una blacklist stilata dal Dipartimento del Tesoro USA.
A controllare le decine di siti era Steve Marshall. Aveva creato una rete di finestre web sulla propria attività turistica: parlava ai netizen della cultura di Cuba, li appassionava alla storia letteraria dell’isola, li informava sulla dolcezza del clima e sull’ospitalità degli abitanti. Offriva inoltre i pacchetti della propria agenzia turistica a cittadini francesi, spagnoli, italiani: viaggi, soggiorni, escursioni da prenotare online.
Ma nel mese di ottobre la casella email di Marshall si è mostrata incredibilmente vuota: nessun messaggio dei tour operator, nessuna richiesta da parte dei clienti, nessuna prenotazione. Marshall in un primo momento ha attribuito il problema ad una questione tecnica, ma con il passare dei giorni ha appreso che la realtà era diversa. I suoi siti erano stati bloccati da eNom , il registrar dal quale aveva acquistato i domini, poiché l’ Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro statunitense aveva inserito la sua azienda nella Specially Designated Nationals List , un elenco di attività e persone con cui i cittadini americani non possono intrattenere relazioni commerciali, una lista di attività sottoposte ad embargo.
Il Dipartimento del Tesoro ricorda ai cittadini americani di controllare periodicamente la lista: così sembra aver fatto il registrar che, appreso dell’imposizione che fin dal 2004 pendeva sull’azienda di Marshall, gli ha immediatamente sequestrato i domini . “Possibile – si chiede Marshall – che dei siti posseduti da un cittadino inglese che gestisce un’agenzia di viaggi spagnola possano essere investiti dalla legge statunitense?”. Le istituzioni USA sembrano convinte delle proprie ragioni: l’azienda di Marshall avrebbe aiutato i cittadini americani ad aggirare le restrizioni imposte dalle autorità statunitensi, consentendo loro di fare i turisti a Cuba e così “alimentando le risorse che il regime cubano usa per opprimere la popolazione”. Per questo motivo le aziende che operano sul suolo americano sono investite della responsabilità di bloccare, con ogni mezzo e senza eccezioni, le attività annoverate nella lista.
Se Marshall nega di aver intrattenuto relazioni con cittadini statunitensi, anche gli esperti consultati dal New York Times si dicono perplessi: non sarebbero sufficientemente trasparenti i criteri con cui le aziende sono iscritte nella lista, lista che peraltro rischia di essere impugnata come strumento censorio . “Sembra che l’Office of Foreign Assets Control detenga il potere di far sparire delle informazioni dalla rete” ha avvertito Susan Crawford , docente di Yale e membro di ICANN, considerando che gran parte dei registrar hanno base negli USA.
Marshall però ha preso provvedimenti. Per sfuggire alla blacklist, per tornare a far fruttare i propri affari si è accaparrato nuovi domini presso un registrar europeo. Continuerà a non vendere pacchetti vacanze ai cittadini americani, impossibilitati ad accedere a Cuba, ma tornerà a informarli su paesaggi, cultura e natura dell’isola.
Gaia Bottà