Il Senato degli Stati Uniti ha approvato una proposta di legge per bloccare la raccolta massiva di intercettazioni telefoniche e di dati Internet e restringere il tipo di informazioni ottenibili attraverso un singolo mandato.
A redigere il disegno di legge, chiamato USA Freedom Act , è stato il senatore democratico Patrick Leahy, attuale chairman del Senate Judiciary Committee e molto attivo sul fronte net neutrality , sulle richieste di trasparenza circa i costi sostenuti dall’NSA e sulla riforma brevettuale (del cui stallo è probabilmente il responsabile principale).
L’attuale disegno di legge, appoggiato dalla Casa Bianca, è più restrittivo nei confronti delle intercettazioni di una precedente versione ed anche per questo è stato in buona sostanza ben accolto dagli osservatori , che lo ritengono un passo avanti rispetto alla situazione attuale e alla precedente proposta: in particolare, esso nega la possibilità da parte delle autorità di raccogliere una grande mole di informazioni da un determinato service provider o da una generica zona geografica , aumenta i poteri di controllo della Foreign Intelligence Surveillance Court – l’organo di tutela sulle intercettazioni dell’intelligence all’intero dei confini USA – e limita la raccolta di prove ai casi ove vi è un ragionevole sospetto che “un determinato termine specifico” sia associato con il terrorismo internazionale.
Immutati , invece, i poteri relativi alle intercettazioni possibili fuori dai confini degli Stati Uniti o relativi ad obiettivi stranieri, così come la Section 702 del FISA Amendments Act che riguarda i poteri relativi alle intercettazioni delle comunicazioni Internet.
D’altra parte la pressione affinché il Congresso degli Stati Uniti intervenisse sulla questione erano notevoli: le conseguenze delle intercettazioni messe alla berlina dalle rivelazioni dell’ex spia Edward Snowden riguardano sia la privacy, che la libertà di informazione che l’economia in generale.
Per quanto riguarda il giornalismo, uno dei cani da guardia della democrazia e delle istituzioni, tutelato anche dal primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, secondo il rapporto “With Liberty to Monitor All: How Large-Scale US Surveillance is Harming Journalism, Law, and American Democracy” di Human Rights Watch ed ACLU la sorveglianza massiva dell’NSA ha danneggiato la libertà di stampa e di conseguenza il diritto all’informazione . Da un lato si tratta di danni di natura “psicologica” (il crescente timore, anche solo inconscio, di affrontare certi argomenti), dall’altro della paura instillata nelle fonti , sempre più reticenti nel parlare anche di fatti di interesse pubblico non segretati. Inoltre, pesa sul lavoro di avvocati e giornalisti la necessità di ricorrere a strumenti di archiviazione e protezione delle comunicazioni sempre più sofisticati .
Il problema, poi, è relativo ai costi generali del tecnocontrollo non solo per la società, ma per l’economia in genere: secondo il rapporto di New America Foundation’s Open Technology Institute , la sorveglianza massiva dell’NSA rischia di costare alle aziende tecnologiche a stelle e strisce miliardi di dollari.
Oltre ai casi come quello che ha visto Boeing perdere un ordine di velivoli da 4,5 miliardi di dollari a favore di Saab in conseguenza delle intercettazioni NSA ai danni del presidente brasiliano Dilma Roussef, infatti, a preoccupare è l’ impatto sulla fiducia degli utenti rispetto a determinati servizi ed in particolare le possibilità di sviluppo degli strumenti cloud .
Claudio Tamburrino