Un giudice federale di Omaha ha ordinato ad una donna e a suo padre, Dianna e Sam Divingnzzo, di pagare 120mila dollari per aver inserito una cimice all’interno di un orsacchiotto che la figlia portava sempre con sé in modo da poter raccogliere le prove contro il suo ex marito, William Lewton, in un caso di affidamento della loro bambina di sette anni. La mamma e il nonno della bambina, secondo quanto reso pubblico nella decisione redatta del magistrato intervenuto sulla questione, avrebbero violato la legge federale sulle intercettazioni da gennaio a giugno del 2008.
La donna avrebbe inserito il dispositivo di registrazione audio all’interno di un orso di peluche di sua figlia nel tentativo di raccogliere prove schiaccianti contro il marito per ottenere l’affidamento totale della bambina. Alla donna, a seguito del divorzio nel 2004, era stato concesso l’affidamento esclusivo della figlia, ma il marito era alla ricerca già da tempo di diritti di affidamento per la custodia. Infatti, nel 2007 il marito aveva messo in discussione l’ordine emesso anni prima per la custodia della bambina e aveva chiesto che venisse assegnata a lui.
Da allora la donna aveva tentato in tutti i modi di sorvegliare il marito. Aveva assunto due investigatori privati per raccogliere informazioni sul marito. Al primo era stato affidato il compito di scoprire dove il marito vivesse e di attestare che avesse problemi con l’alcool, mentre al secondo, assunto nel 2007, era stato affidato il compito di collocare dei dispositivi GPS sulle vetture dell’uomo per monitorare i suoi movimenti.
Subito dopo, l’intuizione di comprare online un dispositivo di registrazione e di inserirlo all’interno del peluche preferito della figlia. Secondo quanto dichiarato dalla donna, tale espediente era da giustificare per via del sospetto che il marito potesse abusare fisicamente e verbalmente della bambina. Le registrazioni, avvenute per più di tre mesi e mezzo, sono state sospese con l’avvicinarsi dell’udienza in tribunale per la custodia. A quel punto la donna ha riversato tutte le registrazioni memorizzate sui CD e ha consegnato il set di prove audio a suo padre per trascriverle.
Tutto questo materiale è stato poi consegnato agli avvocati di Dianna, che le hanno presentate al tribunale in attesa di una pronuncia sulla loro legittimità. Nel 2008 il giudice ha deciso che le registrazioni non potevano essere ammesse come prove in giudizio per la custodia in quanto avevano violato il Nebraska Telecomunicazioni Consumer Privacy Protection Act , ed erano state ottenute illegalmente.
La donna a quel punto ha assicurato di eliminare le registrazioni dal suo PC e suo padre ha affermato che avrebbe provveduto a cancellare le trascrizioni dal suo computer. Ma il marito, furioso per aver scoperto le registrazioni illegali, ha denunciato i due sostenendo che non solo avevano violato la legge sulle intercettazioni del Nebraska ma anche la legge federale sulle intercettazioni. Nella sua sentenza, il giudice ha osservato che la legge ha un criterio rigoroso con cui vieta tutti i tipi di intercettazioni, anche quella di un genitore che cerca di ascoltare le conversazioni del suo bambino, se non nei casi espressamente previsti dalla legge.
Inoltre, le registrazioni non avevano coinvolto solo il marito ma anche altre cinque persone . Un processo era stato fissato ad aprile ma il giudice ha accolto la richiesta dei cinque ricorrenti per giudizio sommario e ha ordinato sia al padre che alla figlia di risarcirli con 10mila dollari ciascuno , per un totale, dunque, di 120mila dollari.
“La tecnologia – ha dichiarato l’avvocato del marito, John Kinney – ha cambiato le modalità di raccolta di informazioni tra la gente. Questo caso ha portato alla luce un caso molto particolare di comportamento illegale e sbagliato”.
Raffaella Gargiulo