Dopo il caso MGE vs. General Electric in cui un giudice federale statunitense ha stabilito la legittimità della circonvenzione delle protezioni DRM in casi specifici, e qualora non implichi l’infrazione di un qualsivoglia diritto d’autore, un altro duro colpo è arrivato alle misure di protezione sancite dal Digital Millennium Copyright Act (DMCA) e in particolare a tutte le forme di protezione tecnica che vigilano sull’utilizzo di opere protette.
Il gruppo in difesa dei diritti civili in Rete Electronic Frontier Foundation (EFF) è uno dei protagonisti che ha cercato di guadagnare terreno nella zona grigia che è la definizione di fair use , guidato dalla convinzione che spesso le misure a protezione di un contenuto (di un video o di un dispositivo) sono superate non per violare la proprietà intellettuale a sua protezione, ma semplicemente per accedere più liberamente a contenuti legalmente acquisiti o per poterli modificare con fini legittimi .
A dare ragione a EFF questa volta è il Copyright Office and Librarian of Congress che nel corso di un processo di revisione del DMCA che si svolge regolarmente ogni tre anni ha accolto tre sue istanze: con due si afferma la legittimità del jailbreaking dei dispositivi mobile per utilizzare applicazioni non approvate dal produttore e lo sblocco per utilizzare diversi carrier; con la terza viene stabilità la legittimità dell’accesso a spezzoni video altrimenti protetti per effettuare remix con fini non commerciali.
L’ufficio governativo ha deciso che il jailbreaking, se effettuato semplicemente per garantire un’interoperabilità altrimenti negata del dispositivo, non viola il copyright e rientra nel fair use . Allo stesso modo sbloccare un dispositivo altrimenti legato ad un determinato gestore telefonico non avrà più nulla a che fare con la violazione della proprietà intellettuale del produttore. Slega tali situazioni dalla materia su cui vigila il DMCA, ma non chiude completamente la strada a chi considera illegale il jailbreaking e lo sblocco o altre forme di controllo da parte del produttore tramite il contratto di vendita.
Apple, infatti, ha commentato la notizia sottolineando l’ annullamento della garanzia in seguito ad un eventuale jailbreak (“l’iPhone può diventare instabile e non funzionare correttamente” ha riferito un portavoce) e che attraverso questo si apre la porta a tutta una serie di applicazioni pericolose e pornografiche, che non vorranno lasciarsi sfuggire le nuove opportunità di business .
CTIA , associazione che riunisce gli operatori wireless, richiama invece le condizioni di utilizzo, nonché i rischi che un eventuale cambio di operatore può determinare rispetto alla protezione del dispositivo da spam e malware.
In ogni caso, far rientrare il jailbreak nella dottrina del fair use potrebbe cambiare di molto le future situazioni riguardanti tale materia. La prima conseguenza sarà il proliferare di negozi alternativi ad App Store, come Rock Your Phone o Cydia . Tali esercizi esistevano già, ma ora potranno uscire da quell’aria grigia del diritto che non gli garantiva piena legittimità.
La terza istanza riguarda i video remix amatoriali che popolano in particolare YouTube, e che alcune sentenze bandivano dall’ambito della legalità: in base alla nuova regola utilizzare piccoli passaggi estratti da DVD per creare nuovi lavori non commerciali, per commentare, criticare, a fini educativi o documentaristici rientra nel fair use. Rippare un DVD non comporterà più, in automatico, una violazione del copyright.
Oltre ai temi evidenziati da EFF, US Copyright Office ha anche riconosciuto come non violazione del DMCA l’aggiramento di alcune misure a protezione di videogiochi (per approfondire eventuali difetti), di programmi con accesso via chiavetta (qualora tale sistema sia diventato obsoleto) e, infine, eventuali cinvonvenzioni atte a permettere la lettura automatica “text-to-speech” anche di ebook altrimenti bloccati.
Accanto a queste decisioni che aprono ad un’intepretazione più ampia del fair use, sempre Librarian of Congress ha deciso tuttavia che se un utente intende accedere ad un video in streaming o un DVD con una particolare protezione deve , di fatto, utilizzare un computer Apple o uno con sistema operativo Windows, mentre la stessa possibilità è negata con Linux : per quanto esistano vari programmi che sul SO del Pinguino permettono di aggirare le protezioni per garantirne l’interoperabilità, secondo l’ US copyright Office tali misure, a differenza per esempio del jailbreak dei dispositivi mobile, non rientrerebbero nel fair use. E per visualizzare tali video occorre dotarsi dei sistemi operativi Windows o Apple, di programmi proprietari e di chip Intel. Anche se i contenuti sono stati legittimamente acquisiti e se ne voglia godere dove e come si ritiene più opportuno.
Claudio Tamburrino