La Corte di Appello del Secondo Circuito ha emesso una sentenza in favore di Microsoft, chiudendo (per il momento) una vicenda che si trascina da anni e che riguarda il tentativo di accesso a un account utente gestito dalla corporation su server stranieri. I giudici hanno ribaltato la sentenza di primo grado che costringeva Microsoft a tirare fuori i dati, stabilendo che il Governo americano non può costringere un’azienda privata a consegnare le informazioni gestite per conto terzi: le norme dello Stored Communications Act (SCA) non valgono fuori dalla giurisdizione USA, e men che meno per il territorio irlandese come nel caso in oggetto.
Le autorità statunitensi sono infatti impegnate da anni nel tentativo di ottenere l’accesso a un account Outlook.com per conoscere il contenuto delle relative email in esso contenute, nel corso di un’indagine su fatti di droga dalle caratteristiche ignote al pubblico. Un’indagine che però sarebbe sufficientemente importante da giustificare l’ostinazione del Dipartimento di Giustizia (DoJ) nel perseguire il suo scopo.
Microsoft ha provato in tutti i modi a impedire l’azione del DoJ, che ha apparentemente deciso di agire tutto da solo e senza passare per i canali diplomatici ufficiali dai tempi evidentemente più lenti delle procedure SCA.
La corporation ha anche potuto contare sull’ appoggio dichiarato degli altri colossi di rete , evidentemente interessati a garantirsi un’opportunità di business fuori dagli USA piuttosto che a sottostare a ogni richiesta di accesso del governo USA, mentre a Washington si sono impegnati – finora senza successo – per modificare la legge consentendo così l’imposizione del volere governativo sulla privacy degli utenti fuori dai confini del paese.
La vittoria è al momento consegnata a Microsoft, e l’azienda saluta la sentenza di appello come una decisione importante per gli utenti e il rispetto dei regimi legali non a stelle e strisce. Reazione naturalmente contraria quella proveniente dal DoJ , dove manifestano disappunto e si lamentano dei provider poco collaborativi che non permettono alle autorità di fare il loro lavoro contro il crimine e citano gli immancabili “rischi per la sicurezza nazionale”.
Alfonso Maruccia