Un nuovo studio sulle abitudini e i comportamenti social dei minori statunitensi, condotto dagli analisti del Pew Internet & American Life Project . Un’inchiesta partita da un campione di circa 800 ragazzi tra i 12 e i 17 anni, per scoprire come le attuali piattaforme di condivisione vadano ad influenzare relazioni e sentimenti personali.
Il 93 per cento dei teenager connessi è attualmente in possesso di un account sul gigantesco social network Facebook . Ma 1 ragazzino su 5 ha anche parlato di un’esperienza online finita con la traumatica rottura di un’amicizia. Mentre il 13 per cento degli intervistati ha descritto una sensazione di nervosismo – a scuola o a casa – in seguito ad un nuovo incontro sui principali social media.
Nella visione dei ricercatori un profilo su Facebook può trasformarsi in un luogo romantico così come in un contesto ad alto rischio. Il 6 per cento dei minori a stelle e strisce ha infatti collegato un incontro sul sito in blu a fastidiosi problemi. Il 15 per cento del campione è stato vittima di episodi di cyberbullismo .
Una situazione generata da un accesso sempre più assiduo alla Rete. Il 70 per cento dei social media teen ha infatti ammesso di navigare almeno una volta al giorno Con un 44 per cento che ha mentito sulla propria età per ottenere un account su siti come Facebook. Dato ancora più inquietante: 1 minore su 3 ha condiviso con altri la propria password .
Ad intervenire in questo senso sono stati anche i vertici della European Network and Information Security Agency (ENISA), che hanno offerto una serie di linee guida ai vari paesi membri, oltre che ai genitori del Vecchio Continente. I rischi sono sempre gli stessi: episodi di cyberbullismo e il fenomeno del grooming online .
Una specifica wordcloud del Pew Internet ha messo in mostra gli aggettivi scelti dal campione di minori per descrivere le proprie esperienze social. Pervertito è più grande di onesto, così come intelligente è meno corposo di stupido . Falso e diverso sono aggettivi giganteschi nella nuvola delle parole del centro statunitense.
Mauro Vecchio