Non ci sarebbe nessuna prova che Huawei abbia spiato gli Stati Uniti per conto del governo cinese: a dirlo è la stessa Casa Bianca, che più di un anno fa aveva ordinato un monitoraggio sulle attività condotte Oltreoceano dai fornitori di materiale tecnologico proveniente dalla Cina. Si tratta di un vero e proprio colpo di scena che, a quanto pare, spegne quelle che fino a ora sono state speculazioni circa la presunta collusione delle telco cinesi con il governo di Pechino.
A fine lavori, la commissione di indagine voluta da Washington aveva informato che l’espansione di Huawei Technologies e ZTE Corp – i due più grandi produttori cinesi di soluzioni tecnologiche per le telecomunicazioni – avrebbe rappresentato una minaccia per la sicurezza nazionale dati i rischi, valutati come realistici, sulle possibili operazioni di spionaggio nei confronti degli Stati Uniti. Sospetti che hanno fatto scattare l’immediata reazione di Huawei – attualmente il secondo più grande produttore di soluzioni per il networking – secondo cui l’atteggiamento di Washington sarebbe stato segnato da un marcato pregiudizio nei confronti dell’azienda, che, dal canto suo, avrebbe collaborato costantemente con i membri della commissione d’inchiesta.
Ora, sembra che i dubbi sulla presunta collaborazione a danno degli Stati Uniti tra la telco e Pechino siano stati fugati. Nonostante ciò, permangono molte perplessità sulle vulnerabilità che, a detta di Washington, caratterizzerebbero l’hardware rilasciato da Huawei che, dunque, diventerebbe facile preda. Secondo alcune indiscrezioni , un simile dato sosterrebbe i sospetti di una parte dell’intelligence a stelle e strisce , secondo cui esisterebbe la possibilità che Huawei operi per il governo cinese anche se al momento non si dispone delle prove.
“Sapevamo che alcune frange del governo volevano le prove dello spionaggio attivo”, ha confessato una fonte anonima a Reuters , che aggiunge: “le avremmo trovate se fossero state lì”. L’informatore si riferisce, evidentemente, alle segnalazioni di attività sospette e di domande dettagliate pervenute da circa mille acquirenti di forniture per le telecomunicazioni, materiale sul quale la Casa Bianca ha condotto la propria indagine assistita dalle agenzie di intelligence e da altri dipartimenti governativi.
Caitlin Hayden, portavoce del Consiglio di Sicurezza di Washington, ha declinato ogni commento relativo alla questione. L’affare, come notano alcuni, riguarderebbe a questo punto le molteplici relazioni che esistono tra chi vorrebbe intraprendere un certo tipo di azioni (ad esempio rovistare all’interno di network che ospitano informazioni sensibili) e chi effettivamente le mette in pratica.
Cristina Sciannamblo