Alla gogna gli accusati di reati di natura sessuale: la loro fedina penale sarà uno stigma apposto sulle loro identità online. Fuori dalla rete coloro che si sono macchiati di abusi su minori, sarà polverizzato il loro diritto all’anonimato. Lo stato di New York ha in cantiere una proposta di legge che baratterà la sicurezza dei netizen più candidi e ingenui con il diritto alla riservatezza dei cosiddetti sexual predator .
Coloro che hanno commesso crimini di natura sessuale in alcuni stati devono già rinunciare al proprio anonimato fuori e dentro la rete: in ottemperanza a frammentari aggiornamenti e declinazioni locali della Megan’s Law , i loro recapiti email, i loro nickname vengono già archiviati dalla forze dell’ordine in database poco sicuri , aperti al pubblico , rielaborati addirittura in mashup .
Occorre però formalizzare queste pratiche di schedatura, spiegano gli autori della proposta, adattare il quadro legislativo perché possa aderire al mondo cangiante della tecnologia: questi gli obiettivi della proposta di e-STOP ( Electronic Security and Targeting of Online Predators Act ). Obbligare alla registrazione dei dati è un’esigenza pressante, ha spiegato il procuratore generale dello stato di New York Andrew Cuomo, fra gli autori della proposta e-STOP: già si era fatto carico di indagare su Facebook e sui rischi ad esso connessi, e aveva convinto i responsabili del servizio a collaborare . Un tracciato ripercorso di recente anche con MySpace . Ma la collaborazione dei due portaloni avviene semplicemente su base volontaria, ed esistono centinaia di servizi alternativi che non offrono ai propri utenti tali garanzie e tutele: è questo un quadro frammentato a cui la proposta di legge spera di dare ordine.
Se e-Stop dovesse convertirsi in legge, tutti i sexual offender dovranno registrare la propria identità online , acconsentendo che i propri dati personali vengano trattati dai responsabili dei servizi di social networking. Database alla mano, i responsabili della sicurezza di queste piattaforme potranno vigilare sui soggetti considerati una minaccia per gli altri utenti, potranno sradicarli dalla rete sociale, potranno monitorarli e riferire alle forze dell’ordine ogni comportamento sospetto.
Ma non è tutto: coloro che hanno abusato di minori, così come chi ha irretito la propria vittima online e come i soggetti che si ritiene abbiano più possibilità di ricadere nella pratica criminale saranno invitati a rinunciare ad Internet.
L’obiettivo della proposta di legge è parificare la vita online alla vita reale: le leggi che regolano il mondo al di qua dello schermo riescono a tutelare la sicurezza dei cittadini, ma al di là dello schermo ai criminali è spesso lasciata briglia sciolta, poiché il quadro regolativo fatica a stare al passo con l’avanzare della tecnologia. Consegnare ai gestori di servizi privati le liste di ricercati e diffidati e affidare loro la sorveglianza, spiegano i proponenti, potrebbe essere risolutivo, nel momento in cui genitori digitaldivisi non sanno esercitare un controllo sulla vita online dei figli. Concordano i gestori dei servizi: si assumeranno più che volentieri l’onere di “rendere il vicinato virtuale sicuro quanto quello reale”.
Gaia Bottà