I documenti ottenuti da EFF grazie ad una sentenza di un giudice per garantire la trasparenza, mostrano anni di problemi nell’utilizzo delle National Security Letter , i documenti attraverso i quali FBI è in grado di ottenere informazioni di ogni tipo su qualsiasi cittadino americano. A sostenerlo è la stessa associazione, che ieri ha pubblicato sul proprio sito le prime mille pagine ottenute attraverso la causa in tribunale.
“Questi problemi cronici di privacy sono noti da tempo al Dipartimento della Giustizia” ha detto Marcia Hofmann, avvocato EFF: “Ma sono stati tenuti segreti a coloro che dovevano conoscerli – il pubblico americano, inclusi i cittadini sotto sorveglianza”. All’FBI non dovrebbe ora essere affidata l’indagine sui propri agenti, ma dovrebbe invece intervenire il Congresso per “garantire protezione ai cittadini statunitensi”.
Le informazioni ottenute sin qui dimostrerebbero almeno 40 casi di ingerenza indebita del Federal Bureau nella vita degli americani: accesso illegale a tabulati telefonici o alle email , tutto in nome della sicurezza nazionale. Lo stesso procuratore generale Gonzalez – non proprio amatissimo in rete – sarebbe stato al corrente del problema , poiché avrebbe ricevuto puntuali rapporti e specifici documenti ben prima si presentasse davanti al Congresso USA per chiedere il rinnovo del Patriot Act.
Proprio la legge post 11/9 è al centro del polverone : fino alla sua approvazione, avvenuta nel 2001 a pochi giorni dagli attentati di settembre, all’FBI era consentito raccogliere informazioni soltanto su soggetti già sospettati di terrorismo , per i quali sussistessero prove indiziarie tanto consistenti da convincere un giudice a spiccare un mandato. Ma grazie al Patriot Act , i federali sono stati in grado di ottenere tutte le informazioni che volevano “proteggendosi” sotto l’ombrello della legge.
Il caso più eclatante è forse quello delle “exigent letters”, vale a dire le missive inviate dal quartier generale FBI ad almeno tre diverse compagnie telefoniche: nel testo vengono citati non meglio precisate ” esigenze di circostanza ” per giustificare la richiesta di informazioni su numeri privati. Il tutto in attesa di un eventuale autorizzazione di un giudice, da consegnare in un secondo momento. Sarebbero però molti i casi in cui queste informazioni esulavano da quelle necessarie per le inchieste in corso: a volte una semplice imperfezione nella compilazione di una domanda, una omonimia, finivano per causare l’ intromissione nella privacy di cittadini assolutamente estranei alle vicende oggetto di indagine.
Per non parlare , continua EFF, delle oltre 350 pagine di osservazioni e rilievi sui “malfunzionamenti” del meccanismo investigativo: problemi nella raccolta dei dati, errori, ISP che forniscono più informazioni del dovuto a causa di richieste imprecise. Molto spesso a questi errori non seguiva alcuna inchiesta per stabilire le responsabilità dell’accaduto: anzi, il governo pensava (come ha fatto ) di allargare l’ombrello del Patriot Act per garantire maggiore potere ai servizi impegnati nella caccia alle streghe lotta al terrorismo.
Quanto pubblicato, tuttavia, non è ancora tutto quello che c’è da sapere sulla vicenda delle National Security Letter: “Ci aspettiamo di ricevere il resto dei documenti” ha detto David Sobel, consigliere anziano di EFF: “Gli americani hanno il diritto di conoscere l’intera storia su come l’FBI abbia profondamente incrinato il sistema”. La prossima tranche di documenti è attesa il mese prossimo.
Luca Annunziata