Il Senato degli Stati Uniti ha approvato la riforma del sistema di sorveglianza costituito dal Patriot Act adottato all’indomani dell’Undici Settembre e rimasto in vigore fino allo scorso primo giugno.
Glad the Senate finally passed the USA Freedom Act. It protects civil liberties and our national security. I'll sign it as soon as I get it.
— President Obama (@POTUS) 2 Giugno 2015
Mentre la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti aveva approvato a larga maggioranza la normativa chiamata “USA Freedom Act”, che in maniera assolutamente bipartisan sembrava poter rappresentare il compromesso massimo possibile per le parti politiche coinvolte, il Senato la aveva in un primo momento bocciata, lasciando decadere il Patriot Act, la normativa di riferimento per assicurare la sicurezza nazionale per mezzo della sorveglianza, e lasciando gli States per qualche ora in un vero e proprio vuoto legislativo.
Il termine ultimo per le istituzioni americane per mettere mano alla normativa di riferimento per i poteri di sorveglianza in ottica di sicurezza nazionale era infatti lo scorso primo giugno: entro tale data il Congresso era chiamato a valutarne la decadenza o la definitiva entrata in vigore, ma gli USA si erano all’ultimo trovati di fronte all’opposizione dei più strenui sostenitori del modello attuale guidati da Mitch McConnell e convinti della necessità delle intercettazioni di massa per tutelare i cittadini dalle minacce del terrorismo.
Proprio gli emendamenti dell’ultima ora di questa fascia oltranzista, mirati a limitare le tutele della privacy ed i diritti alla trasparenza, erano costati l’approvazione dello USA Freedom Act, e solo la loro bocciatura ha permesso di sbloccare la situazione.
Con l’emendamento 1449, per esempio, la frangia McConnell avrebbe obbligato le aziende a notificare al governo qualsiasi modifica delle policy in materia di data retention ed in particolare l’eventuale decisione di riduzione del tempo di conservazione dei dati; l’emendamento 1451 avrebbe invece limitato le possibilità di richiesta di intervento in qualità di amicus brief nelle cause affrontate dalla Corte Fisa, Foreign Intelligence Surveillance Act , e il conseguente accesso ai relativi documenti.
La versione che è stata ora approvata dai senatori a stelle e strisce interviene sul Patriot Act aumentando le opzioni a tutela della privacy e quelle relative alla trasparenza da garantire rispetto ad intercettazioni ed accesso ai dati.
Al contempo , tuttavia, il Freedom Act rinnova i poteri delle agenzie di spionaggio a stelle e strisce, permettendo in particolare alle autorità di ottenere – su mandato della corte FISA e con obiettivi anti-terroristici – l’accesso massivo a telefonate ed altri dati senza violazione del quarto emendamento, la possibilità di rinnovare automaticamente il permesso di intercettazione ottenuto senza bisogno di ripassare per il mandato FISA, nonché il controverso Executive Order 12333 finora utilizzato per intercettare miliardi di email e condurre operazioni di intercettazioni di massa fuori dai confini degli Stati Uniti.
Inoltre diversi osservatori ripongono poca fiducia nel linguaggio generico della normativa che temono possa essere piegato dalla National Security Agency a proprio favore.
Infine, niente viene fatto dallo USA Freedom Act per affrontare la questione Edward Snowden: nonostante l’utilità delle rivelazioni dell’ex contractor NSA, che hanno portato all’attenzione pubblica scottanti questioni e spinto alla riforma di un settore che operava evidentemente tra le ombre più scure del sistema, resta il reato di spionaggio anche per queste fattispecie.
Per questi motivi le associazioni come Electronic Frontier Foundation (EFF) e Electronic Privacy Information Center (EPIC) hanno accolto la riforma come un timido passo di un percorso per cui c’è ancora molto da fare: per quanto minimamente, la riforma rappresenta la prima volta in cui i poteri in capo alla NSA sono stati ridotti invece che estesi.
Claudio Tamburrino