Dallo US Customs and Border Protection (CBP) arrivano nuove linee guida sulle perquisizioni ai gadget elettronici in entrata negli Stati Uniti, una pratica che fino a pochi giorni fa risultava normata da regole risalenti al 2009. Non che le nuove regole, a conti fatti, rappresentino un avanzamento positivo in quanto a rispetto della riservatezza degli utenti in viaggio verso gli USA.
Agenzia che fa capo al Department of Homeland Security (DHS), il CBP ha dunque pubblicato una direttiva con le nuove regole e una “valutazione dell’ impatto sulla privacy ” delle suddette regole, mettendo finalmente nero su bianco – tra le altre cose – la differenza tra una perquisizione “di base” e una “avanzata”.
In una perquisizione di base, il personale del DHS addetto ai controlli negli aeroporti potrà esaminare i dati accessibili direttamente dal dispositivo perquisito – sia esso un PC portatile, un gadget mobile o altro – o tramite le applicazioni ivi installate.
Qualora lo ritenga necessario, invece, il suddetto personale può procedere a una perquisizione avanzata collegando il dispositivo a un sistema esterno specializzato in ricerche digitali: in questo caso si parla della possibilità di “visionare, copiare e/o analizzare” i dati, una procedura che esclude il danneggiamento e a cui gli utenti dovranno evidentemente sottostare senza poter dire nulla in contrario. Anzi: qualora lo ritenessero opportuno, gli agenti possono far scortare fuori le persone interessate.
Per quanto riguarda il cloud, infine, DHS e CBP dicono di voler escludere espressamente l’accesso ai servizi di storage remoto con tanto di disabilitazione della connettività del dispositivo sotto esame. L’obiettivo delle nuove regole è invece sempre lo stesso, vale a dire difendere la sacra “sicurezza nazionale” degli USA contro pedo-terrosatanisti e bombaroli assortiti.
A riprova della sua azione di contrasto ai suddetti fenomeni, il CBP ha reso noti alcuni dati riguardanti i controlli effettuati nell’ultimo anno: nel 2017 i dispositivi presi sotto esame sono stati quasi 20.000, con un incremento del 59% rispetto all’anno precedente . Una cifra che in ogni caso rappresenta “appena” lo 0,007% delle centinaia di milioni di viaggiatori internazionali arrivati negli USA sotto l’occhio vigile del CBP.
Alfonso Maruccia