New York (USA) – L’enorme diffusione dei sistemi di file sharing negli Stati Uniti, il paese in cui sono state denunciate più persone per il download e la condivisione di file protetti attraverso le piattaforme del peer-to-peer, è legato a due fattori essenziali: costano poco o niente e non rappresentano un problema per la propria coscienza.
Questi alcuni dei risultati di una indagine che sta facendo parlare molto, svolta da Solutions Research Group e dedicata in particolare al download di film. Studio dal quale emerge che 32 milioni di americani, più o meno il 18 per cento della popolazione , ha scaricato un intero lungometraggio almeno una volta. Non solo: 20 milioni di questi utenti lo hanno fatto nel corso dell’ultimo mese. D’altro canto, suggerisce la ricerca , tra il 2005 e il 2006 l’uso dei sistemi di file sharing negli USA è raddoppiato .
L’80 per cento di coloro che scarica film lo fa esclusivamente attraverso il P2P. L’utente medio ha 29 anni, è un uomo (le donne sono al 37 per cento) e sul proprio computer dispone di 16 film, ottenuti sia attraverso il download che con la copia abusiva di DVD.
Ma, come accennato, il dato di maggiore interesse per le major del cinema, che con denunce e campagne hanno sperato di convincere gli americani dei danni causati dalla pirateria, è che solo il 40 per cento ritiene che scaricare film da Internet sia “grave” , un giudizio che il 78 per cento attribuisce invece al furto di DVD “fisici” effettuato nei negozi tradizionali.
“C’è una sorta di effetto Robin Hood – sostiene il direttore dello studio Kaan Yigit – la maggior parte delle persone ritiene che le celebrità e gli studios siano già ricche e come conseguenza non credono che scaricare film sia un danno rilevante”.
Tutto questo ha evidentemente un effetto sul business legale della distribuzione cinematografica in rete che, aggiunge Yigit, per riuscire dovrà fornire “maggiore flessibilità d’uso, ampia selezione e prezzi bassi”. Solo così gli utenti del file sharing potranno essere convertiti all’uso di altri servizi.
La ricerca, fa sapere la società di rilevazione, è basata su un campione rappresentativo di americani, 2.600 persone intervistate sia telefonicamente che via internet.