È stato ormai soprannominato Locationgate , a testimoniare un assiduo quanto agguerrito impegno investigativo da parte delle autorità statunitensi. I recenti clamori scatenati da certe pratiche di gestione delle informazioni geolocalizzate hanno dunque portato ad una effettiva proposta di legge , dopo gli interrogatori ai grandi giganti dell’IT da parte della Senate Judiciary Subcommittee on Privacy, Technology, and the Law .
A proporre il cosiddetto Location Privacy Protection Act sono stati i due senatori Al Franken e Richard Blumenthal, già protagonisti di altre battaglie in favore della privacy di milioni di netizen. Un testo di legge basato essenzialmente sui pareri formatisi nel corso delle indagini sul tracciamento a mezzo smartphone da parte di aziende del calibro di Apple e Google.
In sostanza, la nuova proposta vorrebbe obbligare tutte le società operative nel settore mobile – come sviluppatori di applicazioni o comunque tutti quegli operatori legati ai servizi wireless – a condividere le informazioni geolocalizzate solo in seguito all’esplicito consenso da parte degli utenti . Che potrebbero a questo punto decidere di bloccare l’invio dei dati personali verso terze parti.
Spiegato in altri termini, i due senatori vorrebbero che al settore mobile vengano imposte le stesse restrizioni valide per gli operatori del cavo o le aziende telefoniche. È vero che le attuali applicazioni per smartphone chiedono già il consenso per il trattamento dei dati geolocalizzati, ma non specificano che questi possano essere distribuiti per scopi pubblicitari verso terze parti .
Un esperto in sicurezza informatica ha recentemente rivelato in esclusiva a CNET alcuni dettagli che potrebbero rimettere nei guai Google. In seguito all’attivazione della connessione wireless, i dispositivi basati su Android trasmetterebbero all’azienda di Mountain View l’ID unico relativo all’hardware dello stesso device . Una pratica adottata anche da Apple e Microsoft.
Ma, a differenza di queste ultime, i database creati da BigG verrebbero collegati in automatico ad una serie di indirizzi fisici online, relativi al determinato possessore di un singolo device . Dall’ID unico si passa dunque al database, e da questo alla possibilità di conoscere più indirizzi fisici – anche quelli del passato – relativi all’ipotetico possessore di smartphone.
I due senatori statunitensi sembrano comunque sicuri: la loro proposta di legge provvederà a tappare un pericoloso buco nella privacy di milioni di utenti in mobilità. Tutti i soggetti coinvolti dovranno chiedere il permesso per il trattamento dei dati, spiegando nel dettaglio come e perché. Con la speranza che venga apposta la parola fine al tanto temuto Locationgate .
Mauro Vecchio