Gli agenti di FBI e Dipartimento di Giustizia statunitense si sono calati nei meandri del mercato nero delle applicazioni Android, si sono sporcati le mani per scaricare migliaia app in violazione del copyright e per raccogliere prove, il magistrato ha convenuto: i tre domini applanet.net , appbucket.net e snappzmarket.com vanno sequestrati.
Compare ora il classico sigillo della divisone antipirateria dell’FBI in luogo delle pagine dei tre siti, che promettevano di ” scaricare gratuitamente applicazioni normalmente a pagamento “, di ” rendere il sistema operativo open source realmente op , di ” essere qualunque cosa VOI lo facciate diventare “. Per le autorità statunitensi non si trattava che di “domini coinvolti nella distribuzione illegale di copie di applicazioni per cellulari Android coperte da copyright”.
L’operazione di sequestro, spiega un comunicato del DoJ, ha portato all’emissione di nove mandati di perquisizione e, pare, ancora a nessun fermo. È stata condotta su scala internazionale: sono state coinvolte, oltre agli uffici dei procuratori generali di diversi stati USA, le forze dell’ordine di Francia e Paesi Bassi. Una collaborazione necessaria a indagare su materiale stoccato su server localizzati all’estero . Per il sequestro è bastato invece l’ordine del magistrato: gli States ritengono di poter agire su domini .com , .net e .org registrati all’estero perché comunque gestiti da registrar americani.
“Il diritto penale si applica alle app per cellulari e tablet, proprio come si applica al resto del software, alla musica, alle opere scritte” ha spiegato uno dei procuratori coinvolti, promettendo che “continueremo a sequestrare e chiudere i siti che vendono applicazioni pirata, e a perseguire i responsabili per i loro reati”. Se il mercato nero delle applicazioni appare sempre più rigoglioso , è altresì fervente l’attività delle forze dell’ordine. Ai sequestri eseguiti sotto l’egida di Operation In Our Sites , si aggiunge dunque un nuovo filone: “le applicazioni software sono un elemento che sta diventando sempre più essenziale per l’economia e la cultura creativa del nostro paese”, spiegano le autorità statunitensi, assicurando che si farà tutto per “proteggere i creatori di queste applicazioni e di altre forme di proprietà intellettuale da coloro che cercano di rubarla”.
Ma la veemenza delle autorità si è già scontrata con dei nodi legali ancora da sciogliere: esemplare il caso di DaJaz1.com , blog a sfondo musicale sequestrato con l’accusa di distribuire materiale in violazione del diritto d’autore. Dopo oltre un anno fuori dalla Rete, il dominio è stato restituito al legittimo intestatario per mancanza di prove, inesistenti anche al momento della serrata, operata su pressione dell’industria del copyright. Un caso reso possibile dalle procedure cavalcate dalle forze dell’ordine, che consentono di sequestrare un dominio senza avvertire il proprietario, senza aver celebrato un processo. Solo una volta privato del dominio l’intestatario può difendersi: una trafila che può durare anni .
Gaia Bottà