Thomas Mitchell, editore della testata online Las Vegas Review Journal , si è trovato a dover affrontare l’azione legale del procuratore generale del Nevada, il quale ha ordinato al giornale di rendere noti i nominativi degli autori di due commenti anonimi ritenuti pericolosi .
Erano ben nascosti nella miriade di post relativi ad un articolo in cui si parlava della probabile condanna di un businessman locale, ma non sono sfuggiti all’occhio della legge: all’editore è stato chiesto di fornire indirizzi, numeri di telefono, nome dei provider, indirizzi IP e numeri di carta di credito.
Non si è però tenuto conto che gli utenti in questione hanno espresso il loro pensiero sotto uno pseudonimo , il che impedisce di adempiere a tali richieste. Richieste alle quali Mitchell non intende rispondere in nessun caso , appellandosi al Primo Emendamento che garantisce la libertà di parola anche dietro la maschera dell’anonimato.
Accogliendo in parte le parole di Mitchell la corte statunitense aveva diminuito le sue pretese , diventate a quel punto accettabili per l’editore, ma non per American Civil Liberties Union of Nevada che ha nuovamente bollato l’operato del procuratore come irragionevole : “Non crediamo – spiega l’associazione – che quel tipo di commenti meriti così tanta attenzione da parte di un organo statale”.
Secca è arrivata la replica del giudice distrettuale David Ezra: “Questo provvedimento – spiega – è stato emesso per garantire la sicurezza dei giuristi impegnati nel caso”. Tra questi vi è il procuratore J. Gregory Damm, che oltre ad essersi occupato del caso discusso nell’articolo ha anche ordinato il provvedimento nei confronti del giornale. (G.P.)