Washington – Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha reso noto che durante l’estate ha registrato un pesante attacco informatico da parte di anonimi utenti cinesi. I computer presi di mira dai cracker , secondo le fonti ufficiali, appartengono all’ufficio che si occupa dell’esportazione di tecnologie militari.
Mark Foulon, sottosegretario al commercio, ha dichiarato al Washington Post che gli esperti del governo hanno “identificato ripetute incursioni informatiche durante le ore notturne”. Per almeno un mese , infatti, centinaia di macchine sono state tenute “in ostaggio”: il governo di Washington prevede la sostituzione integrale dei computer vittima di questo assalto telematico.
I dettagli sull’entità dei danni non è stata resa pubblica, tuttavia un portavoce del governo ha rassicurato la stampa locale: “Non abbiamo subito nessuna perdita di dati sensibili o segreti”. Gli osservatori più allarmisti, come il direttore del SANS Institute Alan Paller, sostengono che “questa tipologia di attacchi rivolti alle macchine governative potrebbe essere condotta da organizzazioni estremamente specializzate, che operano a livelli di preparazione militare”.
Richard Stiennon, analista ed esperto di sicurezza per conto del gruppo IT Harvest , non sembra d’accordo con la versione ufficiale dei fatti: “Hanno vinto i cinesi, almeno per la quarta volta negli ultimi tempi , perché questo attacco ha intralciato i lavori ordinari del Dipartimento del Commercio”.
Stiennon, esattamente come sostengono numerosi esperti del settore, parla di come la temutissima guerra informatica sinoamericana stia ormai raggiungendo il culmine. “Non siamo ancora ai livelli di una Pearl Harbour digitale”, ha dichiarato, “tuttavia poco ci manca”.
Anche i server delle più grandi aziende ed istituzioni cinesi finiscono spesso sotto gli attacchi di utenti malintenzionati. Lo scorso settembre, ad esempio, il motore di ricerca cinese Baidu ha denunciato un attacco DDoS , visto immediatamente come una “vendetta” da parte della concorrenza estera. Ma in quel caso non si trattava di computer “sensibili” dal punto di vista militare.
Tommaso Lombardi