Il candidato Donald Trump si era presentato agli elettori con slogan del tipo “America first” o “Make America Great Again”, e il presidente Donald Trump è ora impegnato a trasformare in programma politico le promesse che lo hanno portato al potere durante le ultime elezioni presidenziali negli USA. Il protezionismo , uno dei cavalli di battaglia della campagna propagandistica di Trump, è ora in piena fase di implementazione nell’economia statunitense a cominciare dai divieti di ingerenza propinati ai cinesi .
Il caso in oggetto riguarda Lattice Semiconductor , chipmaker con sede a Portland, nello stato dell’Oregon, specializzato nella realizzazione di hardware FPGA, chip radio wireless e per i contenuti video: l’azienda era pronta ad accettare la proposta di cessione proveniente da Canyon Bridge Capital, fondo di investimento sponsorizzato da China Venture Capital.
L’operazione era già stata approvata nel novembre del 2016 e aveva un valore di 1,3 miliardi di dollari , e a Lattice si dicevano convinti di poter persuadere il neo-presidente Trump a non interferire anche fornendo garanzie “estreme” come il passaggio del controllo delle proprietà intellettuali più importanti direttamente al governo federale di Washington.
Ma Trump e i famigli che volteggiano attorno alla nuova Amministrazione statunitense non hanno voluto sentir ragioni, e ora l’ ordine esecutivo firmato dal presidente mette nero su bianco la proibizione dell’acquisto di Lattice da parte dei finanziatori asiatici.
Mr. President cita i soliti motivi di “sicurezza nazionale” come giustificazione , parlando del “potenziale trasferimento” delle proprietà intellettuali a un acquirente straniero, il ruolo del governo cinese nella transazione e l’importanza di una filiera dei semiconduttori “integra” per il governo statunitense. Al momento, il valore in borsa di Lattice è leggermente in salita ma ben al di sotto di quanto era stato offerto dai potenziali acquirenti di Canyon Bridge.
Alfonso Maruccia