Non è raro che i videogame vengano accostati , spesso strumentalmente, a fatti di violenza. Questa presunta dinamica causa-effetto, però, sembra ora invertirsi: un videogioco è stato inserito all’interno di un programma medico volto all’individuazione di soluzioni per controllare e incanalare l’aggressività infantile.
Il videogioco rientra in uno studio condotto dal Boston Children Hospital il cui scopo è stato determinare se la terapia di controllo della rabbia (ACT) attraverso la gestione delle emozioni sia una rimedio comportamentale da poter implementare in un reparto di pediatria psichiatrica. L’insegnamento dell’autocontrollo ai bambini affetti da iperaggressività durante il ricovero è stato trasmesso combinando la terapia cognitivo-comportamentale con un videogioco in grado di fornire feedback biologici .
RAGE Control , questo il nome del gioco, si presenta con una struttura molto simile a Space Invaders : i bambini devono sparare alle navi spaziali e, contemporaneamente, evitare di generare “fuoco amico”. Un sensore collegato alle dita dei giocatori è in grado di rilevare i battiti cardiaci che, se superiori al livello prestabilito, segnalano la perdita della capacità di perseguire l’obiettivo del gioco. Per riconquistare l’abilità richiesta, i bambini sono costretti a fermarsi e a calmarsi prima di poter riprendere a giocare .
Lo studio sperimentale ha coinvolto due gruppi di pazienti di età compresa tra i 9 e i 17 anni. Il primo gruppo ha seguito cinque giorni di terapia comportamentale standard mentre il secondo è stato coinvolto nel medesimo protocollo, con l’aggiunta di sessioni di gioco con RAGE Control della durata di 15 minuti ciascuna. Stando ai risultati ottenuti, quest’ultimo gruppo ha ottenuto punteggi migliori in tutti gli indici che definiscono il controllo della rabbia infantile.
Pur trattandosi di uno studio pilota, Peter Ducharme – coordinatore della ricerca – è convinto che il videogioco sia in grado di supportare i bambini anche in ambienti diversi dagli ospedali. Il progetto, fanno sapere i ricercatori, proseguirà con lo sviluppo di altri ambienti videoludici.
Cristina Sciannamblo