La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato a larga maggioranza la normativa che – secondo i proponenti – dovrebbe porre fine al rastrellamento massivo di metadati sulle comunicazioni telefoniche condotte dall’agenzia di intelligence National Security Agency .
La nuova proposta di legge, lo USA Freedom Act, è bipartisan ed interviene sul Patriot Act, la norma in scadenza che descrive i poteri e le libertà di intervento concessi alla NSA, proibendo esplicitamente le intercettazioni massive effettuate tra le registrazioni delle telefonate fatte dai cittadini a stelle e strisce.
Tuttavia non si chiude qui la travagliata questione aperta dalle rivelazioni di Edward Snowden: la proposta di legge ora votata, infatti, impedisce la raccolta di metadati da parte dell’agenzia, ma non il suo accesso a tali informazioni, naturalmente raccolte e conservate dalle aziende private di settore da 18 mesi a cinque anni a fini fiscali. In pratica, consolidando un sistema di data retention ben più solido di quello che l’Europa ha di recente sconfessato , sembra spostare lontano da sé le responsabilità della raccolta, codificando al contempo il potere di accesso ai dati da parte dell’intelligence.
Insomma, per NSA diventa meno diretto monitorare le comunicazioni, ma non sembra chiudersi affatto la porta alla sorveglianza: basterà ancora l’approvazione da parte del Foreign Intelligence Surveillance Court per permettere all’agenzia o all’FBI l’accesso alle conversazioni private dei cittadini.
D’altra parte il dibattito negli Stati Uniti non faceva prevedere nulla di meglio a proposito di questo fondamentale passaggio legislativo, soprattutto perché il dibattito sulla liceità (ed opportunità) della sorveglianza di massa da parte del servizio di spionaggio rimane assolutamente aperto.
L’ ultima tappa del percorso anti-intercettazioni era stata la sentenza di inizio maggio con cui la Corte di Appello del Secondo Circuito, sovvertendo la decisione presa dai giudici in primo grado, stabiliva l’illegalità delle raccolte massive di metadati da parte di NSA. La questione legale si gioca sull’interpretazione della norma con cui le istituzioni a stelle e strisce hanno istituito l’Agenzia di spionaggio e con cui le hanno conferito i poteri di sorveglianza: in particolare proprio la Section 21 5 del Patriot Act. La rivelazione delle attività svelate dall’ex contractor NSA Edward Snowden, d’altra parte, aveva spinto l’Agenzia a giustificarsi richiamando un’interpretazione particolarmente favorevole di tale normativa, invocata come protezione legale dell’azione di spionaggio di massa sui cittadini americani. Nonostante la sentenza, tuttavia, i dubbi permangono, soprattutto perché nonostante le opinioni ad essa favorevoli di osservatori ed associazioni a tutela dei diritti dei cittadini, parte del Congresso degli Stati Uniti sembra schierarsi su posizioni decisamente opposte.
È d’altronde proprio il Congresso che deve decidere irrevocabilmente se e come modificare il Patriot Act in concomitanza con una data importante: il prossimo 1 giugno, infatti, è il termine ultimo dopo il quale la normativa di riferimento sulla sorveglianza avrà piena validità legale.
A tal proposito si sono finora dimostrate particolarmente deludenti le altre proposte di riforma avanzate dagli uomini politici: un pessimismo che ha finito per riflettersi nella proposta ufficialmente portata avanti.
Oltretutto la maggioranza in Senato è molto diversa da quella della Camera Bassa e sembra orientata a non toccare in alcun modo la normativa vigente e gli attuali poteri riconosciuti a NSA (così come interpretati da essa).
Claudio Tamburrino