Un intricato caso legale , affidato ad un giudice del Colorado e potenzialmente foriero di un significativo precedente in terra statunitense. Protagonista della spinosa vicenda è un’impiegata locale – tale Ramona Fricosu – pizzicata dai federali a gestire transazioni fraudolente , in particolare legate ad ipoteche su beni immobili.
Un laptop appartenente alla stessa Fricosu era dunque stato sequestrato dagli agenti, che una volta passati all’analisi dei dati contenuti facevano la più irritante delle sorprese. Tutte le informazioni necessarie erano state protette da una password ovviamente a conoscenza della sola Fricosu .
La richiesta degli alti vertici del Department of Justice (DoJ) è ora apparsa in tutta la sua fermezza: obbligare la donna a digitare la password , sbloccando le cartelle contenute sul suo computer portatile. Nessuna rivelazione agli agenti, soltanto posare le dita sulla tastiera e sbloccare il tutto al riparo da occhi indiscreti.
Quello che però il DoJ non ha escluso è il possibile sfruttamento delle informazioni sbloccate per incriminare Ramona Fricosu. Il giudice del Colorado dovrebbe dunque costringere la donna per una questione di pubblico interesse. Secondo l’accusa, le password andrebbero rivelate per procedere più velocemente nei confronti di ladri, terroristi, spacciatori e pedofili .
Ma si tratterebbe di una violazione del Quinto Emendamento della Costituzione statunitense? Gli attivisti di Electronic Frontier Foundation (EFF) sono intervenuti in favore della donna, sottolineando come la password in questione – se rivelata in maniera coatta – potrebbe portare ad un abuso da parte del governo, che legherebbe Fricosu ad una vera e propria auto-condanna .
Mauro Vecchio