New York – Il più autorevole quotidiano della Big Apple, il New York Times , parla di una vicenda controversa che ha per protagonista il noto Archive.org – l’amatissimo “museo” digitale non profit che costituisce, con i suoi petabyte di dati, la memoria collettiva di (quasi) tutta Internet. I protagonisti della vicenda sono due aziende di Philadelphia ed una squadra d’avvocati che sono andati a spulciare le pagine di Archive.org per denunciare un caso di violazione di marchi registrati.
E cosa c’entra la Wayback Machine , il motore di ricerca che costruisce sito dopo sito le fondamenta di Archive.org? Semplice: l’opinione dell’accusa, costituita da rappresentanti dell’azienda chiamata Healthcare Advocates , è che il grande archivio digitale fornisca accesso al suo vecchio sito in modo “illegale e non autorizzato”, come riporta il NYTimes .
I legali dell’accusa chiedono i danni chiamando in causa non solo la legge sulle frodi informatiche ma anche il DMCA, Digital Millennium Copyright Act , la durissima normativa statunitense che protegge la proprietà intellettuale. I gestori di Archive.org, in pratica, sarebbero colpevoli di aver concesso a rivali della società l’accesso al vecchio sito. L’accusa sostiene anche che il file robots.txt , utilizzato per impedire anche al crawler della Machine di catturare le pagine, non sarebbe invece stato rispettato da quest’ultimo: tanto che i rivali dell’azienda avrebbero visionato nel 2003 quelle pagine “ben” 92 volte.
Il caso è tutto da seguire e non va perso d’occhio: come dichiarato da molti esperti, vedi quelli del portale Search Engine Watch , l’esito di questa vicenda potrà mettere in discussione il concetto stesso di ” crawling “, l’indicizzazione automatica alla base dei più moderni motori di ricerca. Ma in ballo c’è forse qualcosa di più: il diritto a mantenere e conservare documenti web del passato.
Tommaso Lombardi