Microsoft, Salesforce, Oracle ed altri gruppi stanno per dar vita a qualcosa che assomiglia da lontano alla Google/Apple Platform creata ai tempi di Immuni, ma in questo caso dedicata al cosiddetto “passaporto sanitario“. Ciò che queste aziende vorrebbero mettere a fattor comune è una sorta di certificato digitale che consente di garantire la propria immunizzazione tramite vaccino, così da consentire un lasciapassare affidabile laddove possa essere richiesto per l’accesso o meno ad un luogo o un servizio.
Il nome è pronto: Vaccination Credential Initiative (VCI), sotto forma di collaborazione tra pubblico e privato con standard aperti e protocolli condivisi. Il tema richiederà inevitabilmente forti approfondimenti tecnici, ma richiederà al tempo stesso una importante riflessione anche dal punto di vista etico. E non è detto che la parte tecnica sia quella più complessa.
Vaccination Credential Initiative
L’idea è quella di consentire l’archiviazione di un certificato digitale che attesti la vaccinazione della persona, consentendo a quest’ultima di avere un lasciapassare laddove questo lasciapassare possa essere richiesto. Se voli aerei, stati nazionali o altre entità ne richiederanno il possesso ai fini della salute pubblica, insomma, sarà possibile avere il certificato con sé in un formato verificabile, accessibile, sicuro.
Dal punto di vista tecnico il progetto si basa sullo SMART Health Cards Framework, qui descritto in un approfondimento dedicato:
La risultante ai fini della certificazione sarà la possibilità di conservare una “card” all’interno di digital wallet quali Apple Pay o Google Pay, nonché PDF (o fogli stampabili) con un QR Code che possa rimandare alla SMART Health Card legata all’identità personale.
La stessa VCI, pur avendo le idee chiare su ciò che va posto in essere dal punto di vista tecnico, ammette che il progetto possa funzionare soltanto sulla base di “fiducia, tracciabilità, verificabilità e riconoscimento universale della traccia digitale e dello status vaccinale“. La creazione del certificato, infatti, è una vera e propria abilitazione di libertà, avendo quindi in sé un potere altissimo.
Il progetto, pur se valido a titolo puramente teorico, ha un lato oscuro che non si può certo negare: Paesi nei quali i vaccini arriveranno con maggior ritardo potrebbero diventare la prigione di quanti, in assenza di vaccino e di certificato, non hanno la possibilità di prendere un aereo o entrare in un ufficio pubblico, partecipare ad una lezione o trovare un posto di lavoro. Non che sussistano soluzioni migliori: la lotta alla pandemia si fa anche attraverso isolamento e restrizioni temporanee dei diritti, ma la riflessione si impone per forza di cose alla luce di un programma di lungo periodo che possa dotare l’umanità degli strumenti necessari per far fronte (oltre che a questa) anche a future ondate pandemiche.
Un certificato digitale basato su uno standard internazionale può essere la panacea per un problema di così ampia portata? Le tecnoutopie spesso consentono di raggiungere incredibili traguardi, ma lungo il loro percorso attraversano fasi costellate di pericolose derive: questo percorso è appena all’inizio e, inevitabilmente, dovrà passare lo scoglio della privacy, dell’etica e dei concordati internazionali. Solo dopo queste disamine la tecnologia potrà dire la propria.