Chiamala, se vuoi, “case history”. Perché è un caso che va studiato, analizzato, compreso. Succede a qualsiasi azienda, infatti, di sbagliare. Non tutte, però, sanno uscirne con le ossa integre come invece potrebbe accadere in questo caso dove, per un errore del tutto assurdo e banale, si mette a rischio la sostenibilità di un piccolo impero dell’estetica. Le “fagiane” che stanno leggendo questo articolo hanno già capito: stiamo parlando dell’Estetista Cinica e di come l’imprenditrice Cristina Fogazzi ha saputo gestire quanto accaduto.
I fatti
L’Estetista Cinica è un punto di riferimento per migliaia di donne in tutta Italia. Con il suo VeraLab e i suoi contenuti sui social, infatti, Cristina Fogazzi si è costruita un incredibile seguito e su questo ha dato vita ad un e-commerce milionario di prodotti per l’estetica. Un talento evidente, il suo, nel quale i numeri parlano da sé. Ma nel mezzo dell’idillio qualcosa è andato storto.
La questione è emersa da una newsletter con la quale l’Estetista Cinica ha scritto alle proprie clienti. Una mail che inizia così:
Ciao [nome],
per la prima volta in 7 anni di onorata carriera mando una newsletter senza le gif e senza Ryan Gosling, quindi la questione è, ahimè, tremendamente seria.
E poi la spiegazione, relativa al fatto che per un errore di calcolo i “punti fagiana” (punti sconto per la fidelizzazione dei clienti) sono stati valorizzati nel modo sbagliato:
Come forse avrai visto nella tua area personale del sito la valorizzazione dei punti fagiana è cambiata. Così, di botto, senza che nessuno dicesse nulla. Questa cosa è talmente assurda e mal gestita che probabilmente ti sei giustamente arrabbiata e hai pensato stessimo in qualche modo “facendo i furbi” e poi “facendo pippa” sul fare i furbi. Sono qui per spiegarti come è andata e come si siano aggiunti un errore a un errore a un errore. I punti fagiana in vostro possesso sono circa 10 milioni. La valorizzazione dei punti doveva essere a 5 centesimi (0,05 €). In questo modo, simulando voi li usaste tutti l’azienda avrebbe avuto 500 mila euro di sconti erogati (da aggiungere agli altri sconti). Qualcuno a un certo punto si è perso uno zero e la valorizzazione è stata fatta a 0,50 centesimi. Questo trasformava gli sconti in 5 milioni di euro e dopo una settimana di calcoli abbiamo visto che le nostre finanze non avrebbero retto il colpo.
La reazione
Un errore tanto banale quanto grave, insomma. Come reagire? Come gestire un problema tanto serio, che tocca non solo le tasche di azienda e clienti, ma anche e soprattutto la fiducia di questi ultimi nei confronti del brand? “Urlare, incazzarsi e poi decidere che bisognava cercare di uscirne“, spiega Cristina Fogazzi. Per poi giocare la migliore carta che si potesse giocare: quella della trasparenza.
I punti sconto (alias “punti fagiana”) sono stati rivalorizzati, raddoppiandone il valore naturale da 0,05 a 0,10 euro, ma riducendoli comunque dell’80% rispetto a quegli 0,5 euro inizialmente indicati per errore. Quindi l’invio della newsletter esplicativa, infine le Storie su Instagram per fornire una versione più diretta e immediata dei fatti. In trasparenza, direttamente, faccia a faccia, senza nascondere tutto il rammarico per l’accaduto.
Abbiamo fatto un errore, su un errore, su un errore. Volevamo fare una cosa carina, è uscito quello che io chiamo “merdone”. Siamo un’azienda giovane, sbagliamo, ma non siamo né degli imbroglioni né abituati a fare pippa davanti alle nostre responsabilità. Questo no. E se da un lato sono conscia di fare con te una figura orrenda, dall’altro non posso mettere finanziariamente in ginocchio la mia azienda.
Il valore della community
Il caso, almeno sul fronte pubblico, si chiude qui. I clienti che non accetteranno di buon grado questa modifica molto probabilmente scriveranno all’assistenza e sfogheranno i propri istinti sulla tastiera, nutrendo magari un prevedibile “shit storm” come molti se ne vedono quotidianamente. Ma si tratta di effetti collaterali prevedibili e per certi versi da mettere in conto sempre e comunque quando si è volto pubblico e si contano molti follower dall’altra parte dello schermo.
Tuttavia la sensazione è che Cristina Fogazzi possa uscirne bene non solo grazie alla bontà della reazione pubblica con cui ha messo in piazza i propri errori e la ferma volontà di difendere il proprio team di lavoro, ma anche e soprattutto grazie alla bontà del lavoro del passato. Non si può infatti parlare con il cuore in mano ai clienti, perché quando sono soltanto “clienti” è il denaro l’unico canale di dialogo possibile. In questo caso, invece, Cristina Fogazzi sa di parlare ad una community, a persone che mettono in comune dei valori e delle passioni. Nelle Storie dell’Estetista Cinica si è coltivato un rapporto umano che è qualcosa di diverso e più profondo della sola fidelizzazione: le leggi tradizionali del marketing vecchio stampo non valgono, perché è solo con i social che si è arrivati a questo livello di sintonia e di empatia tra chi vende e chi acquista.
Ho già utilizzato i miei #puntifagiana (bonus non dovuti) che erano un bel po’ di soldini e alla luce di ciò che è successo vorrei quasi poter restituire il denaro. La correttezza e l’umanità di @Estetistacinica mi rendono una cliente ancor più affezionata.💕@Veralab_cinica Daje.
— Manuela Nasso (@nassomanuela) February 7, 2022
I punti fagiana perdono valore come una criptovaluta qualunque, insomma, ma succede all’interno di un’intesa tra le parti scritta in una newsletter e recitata su un social network. Una case history interessante, senza ombra di dubbio, che insegna soprattutto come la trasparenza possa pagare quando coltivata su un terreno già reso fertile in anni di lavoro. Non ci si improvvisa, neppure sui social, soprattutto sui social.
Nell’Italia in cui tutti sono allenatori, virologi e statisti, sicuramente ci saranno grandi insegnamenti da poter mandare a Cristina Fogazzi su come avrebbe potuto gestire meglio la propria immagine e il proprio tornaconto, ma nessuno di questi professori ha il seguito e la credibilità su cui può contare invece VeraLab nella propria bolla. Meglio dunque limitarsi a ragionare sul caso ed estrapolarne tutto ciò che può insegnare in termini di disaster recovery, strategia di brand, reattività, team building ed agilità nell’urlare in faccia ad un problema invece di affogarlo nel silenzio degli innocenti.